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Carlo Capasa: “La moda italiana pensa prima di tutto agli aiuti: raccolti 4,5 milioni di euro. Conseguenze della guerra? No contrazioni dell’occupazione ma qualcosa cambierà”

A un mese e mezzo dallo scoppio della guerra in Ucraina, abbiamo chiesto a Capasa di aiutarci a fare il punto della situazione, dati alla mano

di Ilaria Mauri

“Le guerre portano inevitabilmente con sé vittime, non solo militari, ma come vediamo in questi giorni anche civili e stravolgono la vita quotidiana dei Paesi coinvolti. Quando una guerra assume la portata di quella alla quale oggi assistiamo è chiaro che un’altra ‘vittima’ non può che essere l’economia del tempo di pace e non solo dei Paesi coinvolti, ma con allargamenti su scala regionale e globale”. A dirlo è il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana Carlo Capasa, tirando le somme delle ripercussioni che il conflitto russo-ucraino sta avendo sul comparto che – è sempre bene sottolinearlo – rappresenta la seconda voce di introiti per il Pil italiano, con un giro d’affari che nel 2021 ha sfiorato gli 80 miliardi di euro ed era previsto ulteriormente in crescita per quest’anno. L’invasione russa è iniziata infatti proprio nei giorni in cui a Milano si stava svolgendo la Settimana della Moda, con l’intero settore che guardava al 2022 con ottimismo e fiducia: le Borse in picchiata e l’attuazione delle sanzioni economiche ai danni della Russia hanno, però, fatto subito capire che il vento era cambiato. E in più, le aziende del comparto si sono trovate a fare i conti con il caro energia e gli aumenti delle materie prime. A un mese e mezzo dallo scoppio della guerra in Ucraina, abbiamo chiesto a Capasa di aiutarci a fare il punto della situazione, dati alla mano.

Dopo due anni di pandemia, proprio quando la Moda era pronta a ripartire con un 2021 chiuso con il segno “+”, ci troviamo a fare i conti con un nuovo scenario di crisi con una guerra potenzialmente mondiale alle porte: come lo si sta affrontando e quali sono le conseguenze per la ripresa del settore?
La nostra priorità è rivolta verso le persone che soffrono e su come poter sostenerle ed aiutarle; per questa ragione abbiamo voluto affiancare Unhcr (l’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati) nella raccolta fondi per supportare i rifugiati con aiuti concreti alle famiglie ucraine costrette alla fuga. Grazie alla generosità dei brand che rappresentiamo abbiamo già raccolto oltre 4,5 milioni di euro e ogni giorno la risorsa si incrementa. Stiamo inoltre pensando, con i nostri Soci, a nuovi progetti di sostegno per i rifugiati dall’Ucraina, in aumento, purtroppo, di giorno in giorno. Lo scorso anno la moda italiana (inclusi gioielli, bigiotteria, occhiali e profumi) ha esportato verso la Russia circa 1,4 miliardi di euro (si tratta di cifre calcolate a prezzi all’export, quindi senza il ricarico della distribuzione che può far raddoppiare o triplicare questo valore in termini di prezzi al consumo) e la gran parte di questo importo è costituita da abbigliamento e pelletteria. Un’altra componente significativa è quella relativa al “turismo da shopping”, mi riferisco agli acquisti dei turisti russi quando in Italia. Si può stimare che questi ammontino a circa 250-260 milioni di euro al dettaglio. Complessivamente, quindi, la Russia rappresenta, per il mercato della moda italiana, circa 1,5miliardi di euro. Una cifra pari a circa il 2% del fatturato complessivo della moda Italiana che supera, attualmente, gli 80 miliardi di euro. Ci sono anche da considerare le esportazioni verso l’Ucraina che ammontano a circa 250 milioni.

E’ passato ormai un mese dall’inizio dei combattimenti e delle sanzioni: quale è stato l’impatto per il sistema moda italiano e quali sono le previsioni per i prossimi mesi?
In questo momento è difficile prevedere quali saranno le ricadute specifiche all’interno del nostro settore. Voglio però sottolineare, in primo luogo, gli aggravi dovuti al “caro energia” che, in alcune lavorazioni cruciali, come tintura e stampa – che contribuiscono alla creazione di qualità per filati e tessuti – arriva a rappresentare fino al 10% del costo di produzione. Per le imprese, dunque, i costi complessivi di produzione sono già aumentati fino al 5% e l’ulteriore risalita dei prezzi energetici, previsti nei prossimi mesi, potrebbe ulteriormente aggravare la dinamica dei costi. La crisi globale dovuta alla guerra in corso espone l’Euro a pressioni ribassiste verso il dollaro che rimane la valuta di riferimento internazionale. Ciò implicherebbe, da un lato, ulteriori pressioni sui prezzi in Euro delle materie prime (valutate prevalentemente in dollari e il cui prezzo in Euro salirà a causa della rivalutazione della moneta statunitense) e, dall’altro, una riduzione, sia pur temporanea, del valore di capitalizzazione delle imprese italiane (ed europee). Ci sarà anche da considerare l’impatto psicologico sulle abitudini, gli orientamenti e lo stile di vita dei consumatori, e l’effetto che tutto questo potrà avere sugli investitori.

In contemporanea, sono arrivati gli aumenti dei costi di energia, materie prime e trasporto. Quanto stanno pesando sulle aziende già provate dalla crisi della pandemia?
L’impatto è significativo, ma bisogna dire che si innesta su un’esplosione dei prezzi iniziata ben prima dell’invasione russa, diciamo a partire dalla metà del 2021. La crisi ha avuto l’effetto di riportare in alto i prezzi che sembravano in fase di stabilizzazione. In merito alle forniture di gas, il principale rischio per il prossimo autunno potrebbe essere la scarsità della materia prima piuttosto che il suo costo. È un rischio, questo delle forniture embargate che, tuttavia, se necessario per porre fine alle atrocità della guerra e all’invasione russa dell’Ucraina, vale la pena di essere corso.

Che conseguenze ci saranno per l’occupazione del settore?
Le conseguenze dirette, derivanti dalle mancate esportazioni verso Russia e Ucraina non avranno effetti rilevanti sull’occupazione; il mercato russo e ucraino, come detto, hanno un’incidenza non superiore al 2% sul fatturato della moda italiana. Più significative potrebbero rivelarsi le conseguenze indirette derivanti dal rallentamento dei mercati Europei a causa della volatilità dei prezzi energetici. Riteniamo tuttavia, in linea con quanto dichiarato dal commissario europeo Paolo Gentiloni, che in Europa la crescita dell’economia e dei consumi rallenterà, ma non si trasformerà in recessione. Si può quindi stimare, con tutte le cautele del caso, che per la moda italiana non ci saranno contrazioni significative dell’occupazione; sono oltre 600mila, attualmente, gli occupati dell’Industria, a cui si aggiungono altrettanti occupati nel terziario, e nel 2022 riteniamo che prevarrà la spinta della ripresa post Covid, sia pur non tornando ancora ai livelli di attività occupazionale del 2019.

Nelle scorse settimane ha incontrato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roberto Garofoli per chiedere al governo maggiori sostegni: qual è la richiesta di Camera Moda e quali le disponibilità del governo?
L’instabilità geopolitica dei territori russi e ucraini ha avuto una serie di conseguenze che stanno colpendo duramente il settore manifatturiero italiano, compreso il settore moda. Abbiamo apprezzato la costituzione di un’unità di crisi con il compito di dare supporto informativo e operativo alle aziende più esposte verso i mercati teatro di conflitto. Camera Nazionale della Moda Italiana ha proposto al Sottosegretario di prevedere una defiscalizzazione e sostegni economici volti a contenere i costi energetici. Inoltre si rende necessario accelerare il reperimento di materie prime anche al di fuori delle tradizionali linee di approvvigionamento, promuovendo a livello nazionale l’accesso delle imprese italiane ai nuovi mercati e poi, per le PMI più colpite dagli effetti della guerra, misure simili a quelle già previste durane il covid.

Camera Moda aveva elaborato un piano di investimenti nell’ambito del Pnrr: a che punto si è? La guerra in Ucraina lo sta influenzando o lo influenzerà?
Come Camera Nazionale della Moda Italiana abbiamo presentato nei mesi scorsi un piano per effettuare determinati investimenti in linea con il PNRR, investimenti necessari per far sì che la moda italiana continui ad essere indiscusso leader nel mondo anche nel campo della sostenibilità e, in aggiunta, pianificazione di investimenti per la digitalizzazione dei distretti e, infine, sulla formazione, per favorire il ricambio di competenze all’interno delle aziende. Ritengo che questi siano gli investimenti principali della nostra industria per mantenere alta l’indiscussa capacità competitiva italiana nel mercato globale.

Cos’altro si può fare per tutelare il comparto e limitare le perdite di fatturato?
Le guerre portano inevitabilmente con sé vittime, non solo militari, ma come vediamo in questi giorni anche civili e stravolgono la vita quotidiana dei Paesi coinvolti. Quando una guerra assume la portata di quella alla quale oggi assistiamo è chiaro che un’altra “vittima” non può che essere l’economia del tempo di pace e non solo dei Paesi coinvolti, ma con allargamenti su scala regionale e globale. Difficile evitarne i contraccolpi per quasi tutti i settori industriali, contraccolpi ancor più pesanti perché seguono un’altra gravissima crisi, quella sanitaria, che abbiamo attraversato negli ultimi due anni e che non può dirsi conclusa del tutto. Questo accavallarsi di enormi problemi sociali ci spinge a lavorare per preservare le persone più deboli o più esposte, e così come è stato combattuto il virus oggi dobbiamo lottare affinché si possa apporre la parola “fine” alla tragedia che ogni guerra rappresenta.

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