Uno spettacolo d’eccezione. Come eccezionale era lei. Il “Gala Fracci”, sabato 9 aprile, è un evento dove si incontrano memoria e futuro. Perché ci sono i giovani artisti della compagnia a rendere vivo il suo ricordo e alcune fra le étoile più luminose della scena internazionale. Come Alessandra Ferri, Marianela Nuñez, Roberto Bolle, Carsten Jung
Il mondo non la dimentica. Milano e il teatro alla Scala non la dimenticano. Con la pandemia ancora in corso e nel pieno del conflitto russo in Ucraina che ha scardinato molte certezze del mondo del balletto internazionale, il “Gala Fracci” si fa. Finalmente. A quasi un anno dalla scomparsa della ballerina assoluta, mancata il 27 maggio scorso, il palcoscenico del Piermarini è pronto per ricordare la sua “Carlina”. Ma non solo. Per farlo diventare un appuntamento fisso delle prossime stagioni.
Uno spettacolo d’eccezione. Come eccezionale era lei. Il “Gala Fracci”, sabato 9 aprile, è un evento dove si incontrano memoria e futuro. Perché ci sono i giovani artisti della compagnia a rendere vivo il suo ricordo e alcune fra le étoile più luminose della scena internazionale. Come Alessandra Ferri, Marianela Nuñez, Roberto Bolle, Carsten Jung. Non importa se non si uniscono a loro le russe Svetlana Zakharova e Olga Smirnova, prime ballerine del Bolshoi. La Zakharova, di origine ucraina, che vanta al Bolshoi il titolo di “assoluta” ed è étoile ospite della Scala, ha deciso di ridurre i suoi impegni e rinviare la sua presenza sul palcoscenico milanese. La Smirnova invece non ha potuto partecipare alle prove a causa degli impegni connessi al nuovo incarico al Dutch National Ballet.
Ma il cast è strepitoso per la presenza, oltre all’affiatato corpo di ballo che abbiamo già visto inaugurare la stagione con “La Bayadère”, di quattro assi del balletto internazionale. L’étoile Alessandra Ferri, una delle interpreti drammatiche più acclamate che è tornata a calcare le scene a 55 anni dopo un delicato momento di ritiro, è stata una Giselle vera. Alla Scala e al Royal Ballet di Londra. Proprio com’era la Fracci in quel ruolo. Accanto a lei l’argentina Marianela Nuñez, principal dancer della compagnia londinese: dotata di un virtuosismo e una leggerezza ipnotiche. Fra i ruoli maschili non può mancare l’ospite di casa: Roberto Bolle, étoile dei due mondi, alla Scala e all’American Ballet Theatre. E che dire di Carsten Jung? Primo ballerino del Balletto di Amburgo, ha interpretato molti ruoli creati appositamente per lui dal coreografo John Neumeier.
Insomma, sulle note dell’Orchestra scaligera diretta dal russo Valery Ovsyanikov, si dà avvio a un appuntamento scandito da musica, passi e cuore. Per ripercorrere il repertorio che la più grande interprete italiana ha portato nel mondo.
Il programma della serata si apre con “Giselle”, capolavoro coreografico di Jean Coralli-Jules Perrot su musica di Adolphe Adam. La storia: una contadinella si illude che il suo amore possa essere davvero ricambiato e vincere le differenze sociali. Diventerà pazza e morirà per la delusione. La seconda parte, nel regno del soprannaturale, non la spoileriamo. Diciamo solo che il suo modo di sciogliersi i capelli, barcollare, trasformare il suo viso in una maschera di follia è irraggiungibile. Suggestioni. Evocazioni legate a titoli di repertorio che hanno reso Carla Fracci una protagonista speciale, con una cifra interpretativa unica. Non solo nei passionali “Giselle” e “Romeo e Giulietta”, ma anche in “Excelsior”, (in cui Carla è la luce), “La Péri”, “Lo schiaccianoci”, “Symphony in C”, “Onegin”, “La vedova allegra”, “Cachucha”, “La Bella addormentata nel bosco”. E titoli creati per lei come “Chéri”.
Fra gli estratti proposti torna alla memoria “La strada”, coreografia di Mario Pistoni su musica di Nino Rota. Lo stesso Fellini non se l’aspettava: Carla era una Gelsomina perfetta. E poi altre chicche che fanno brillare il suo ricordo fino alle lacrime. La coppia Alessandra Ferri-Carsten Jung danza in un estratto da “L’heure exquise” su musica di Gustav Mahler. E’ l’omaggio commosso alla ballerina milanese che lei stessa creò con il coreografo Maurice Béjart e con Micha van Hoecke. Il personaggio di Winnie. Una donna matura che vive nel ricordo dei suoi successi.
Quella di Carla Fracci, un faro della danza non solo per il teatro alla Scala ma per la cultura italiana e mondiale, è una storia di talento, ostinazione e lavoro. Ha ispirato e ispira le nuove generazioni a inseguire i loro sogni. E’ stata un modello di caparbietà e talento nato dal popolo. Il suo ingresso da bambina, figlia di un tranviere, alla scuola di ballo milanese, poi l’inserimento in compagnia e infine il successo sui più celebri palcoscenici del mondo sono la prova di una volontà e un carattere indomiti. Il direttore del Ballo della Scala Manuel Legris la descrive così: “Spirito che resta con noi, riempie le sale ballo, il palcoscenico e i nostri cuori, come la sua energia mai sopita, che ci ha catturato e affascinato quando è tornata a riabbracciare il Teatro e i suoi artisti”. Lo stesso Legris, alla notizia della sua scomparsa, aveva definito quel grande vuoto come una sensazione ambivalente. Da un lato la dolorosa assenza, dall’altro la sua luminosa presenza “che ci fa sentire ricolmi e ricchi di tutta la sua storia”.
Un anno prima della sua morte, Carla Fracci torna alla Scala proprio su invito di Legris. Le viene chiesto di preparare gli interpreti della ripresa di “Giselle”: Nicoletta Manni-Timofej Andrijashenko e Martina Arduino-Claudio Coviello. E’ il gennaio 2021, in piena pandemia. L’artista, che non si è risparmiata nemmeno in ruoli di grande responsabilità, da dirigente del corpo di ballo di Roma ad assessore alla cultura per la provincia di Firenze, spiega in quelle classi, trasmesse sui canali social del Teatro, la verità dei personaggi. Le piccole sfumature essenziali. “Giselle è uno spirito”, dice a Tima Andrijashenko a proposito del suo ruolo di principe nell’atto bianco, il regno degli spiriti. “Le tue braccia afferrano una figura eterea che non c’è. Che sfugge fra le dita. Si deve vedere che non puoi toccarla”. Giselle è una presenza inafferrabile.
Loro, i ballerini, la osservavano ammirati. Non riescono a dire nulla. Non ci sono parole per esprimere quello che provano nel ricevere la sua generosità artistica. Possono solo ricominciare da capo. E poi ancora e ancora. Provare quel passaggio che sembra facile tecnicamente ma non lo è dal punto di vista espressivo. Lo fanno decine di volte. Fino a dimenticare di essere ballerini. Per diventati i personaggi di una storia. Come faceva lei.
Foto Erio Piccagliani