L’intera faccenda si basa su un’idea piuttosto ingenua. Ossia che le opinioni espresse a titolo personale possano non avere ripercussioni sul ruolo che si ricopre. Soprattutto se vengono pronunciate pubblicamente. L’ultimo a capirlo è stato Matt Le Tissier, ex centrocampista dal multiforme ingegno che per i tifosi del Southampton è stato qualcosa di molto vicino a una divinità. Solo che ora il santino ha deciso di trasformarsi in santone. Senza riuscire a fare proseliti. Nei giorni scorsi Le God ha ritwittato un post sulla teoria del complotto. Il succo era chiaro: i media avrebbero “mentito” sulla tortura, lo stupro e l’uccisione dei civili a Bucha da parte delle forze russe. Una presa di posizione che ha generato più orrore che ammirazione. Tanto che, dopo la prevedibile pioggia di critiche, Le Tissier ha cercato di chiarire ulteriormente la sua posizione. Ma senza grandi risultati. “Il punto era legato alla manipolazione dei media”, ha spiegato l’ex centrocampista che ha aggiunto di “non sostenere la guerra in qualsiasi modo o forma”.
Troppo poco per soffiare via l’indignazione. Anche perché i 580mila fan che seguono il suo profilo rendono Le Tissier un personaggio influente, una celebrità capace di veicolare messaggi importanti. Così due giorni più tardi Matt ha dovuto lanciarsi in un altro cinguettio. Stavolta molto più complesso. “A tutti i fan del Southampton – ha scritto – ho deciso di farmi da parte dal mio ruolo di ambasciatore del SFC. Le mie opinioni sono mie e lo sono sempre state, ed è importante fare questo passo oggi per evitare qualsiasi confusione. Questo non pregiudica il mio rapporto con e l’amore per il mio club, e resterò sempre un fan e sostenitore di tutto ciò che riguarda i Saints”. E ancora: “Posso, tuttavia, vedere che a causa dei recenti eventi è importante separare il lavoro in cui credo dal mio rapporto con il club che ho sostenuto e giocato per la maggior parte della mia vita. Ci vedremo tutti al St Mary’s e farò sempre tutto il possibile per aiutare il club”. È una piccola rivoluzione.
L’uomo simbolo che diventa fardello, macigno legato intorno al collo in un mondo dove le società fanno sempre più attenzione a non sovrapporre la propria immagine a quella di situazioni e personaggi respingenti o moralmente sgraditi. Ma è anche il punto più basso della seconda vita sportiva di un calciatore che sconfinava spesso nel sublime, che disegnava traiettorie mai banali. Dopo 540 presenze (e 209 gol) con la maglia dei Saints, Le Tissier è diventato uno stimato opinionista sportivo, uno dei volti di punta di Sky Sports Soccer Saturday. Almeno fino all’agosto del 2020, quando si è visto recapitare una lettera di licenziamento. “Non sono mica matto”, ha detto qualche tempo fa al The AJ Roberts Show, “ho unito i puntini”. L’ex centrocampista è convinto che il suo allontanamento dall’emittente satellitare sia legato alle sue posizioni scettiche riguardo al Covid 19. Le Tissier ha raccontato di essersi messo a studiare le teorie del complotto durante il primo lockdown. E avrebbe continuato a “causa della noia”. Le sue posizioni sono diventate sempre più radicali, fino ad affermare che le immagini della popolazione colpita dal virus in Cina erano completamente false.
“La pandemia è iniziata a marzo del 2020 e molto presto ho avuto i miei dubbi su ciò che stava realmente accadendo – ha spiegato Le Tissier – c’è stata una reazione eccessiva da parte dei governi. Con la messa in discussione della narrazione ufficiale è iniziata questa situazione che molto probabilmente ha finito per farmi perdere il lavoro a Sky nell’agosto dello stesso anno”. Il problema, però, non sta tanto nel contestare l’idea di pandemia, quanto nei toni utilizzati dall’ex calciatore. Nel settembre del 2020 in Inghilterra ha iniziato a circolare il video di una rissa su un treno scatenata da un passeggero che viaggiava senza mascherina. Le Tissier ha commentato a modo suo, ritwittando un post dove c’era scritto: “Le persone che stavano nascondendo Anna Frank stavano infrangendo la legge, quelle che l’hanno uccisa la stavano seguendo”. Un post di cattivo gusto a cui ne sono seguiti molti altri. L’ex calciatore ha messo in dubbio l’efficacia dei vaccini, “denunciato” il complotto di Big Pharma, affermato che la moltiplicazione degli arresti cardiaci nel calcio (fra cui quello di Christian Eriksen durante Euro 2020) è legata alla campagna vaccinale, sostenuto la non autenticità delle immagini della guerra in Ucraina (dove sarebbero stati ingaggiati degli attori).
Un campionario molto assortito che ora rischia di stravolgere il modo in cui il centrocampista viene ricordato in Inghilterra. Un piccolo esempio è andato in scena l’altro giorno, quando l’attore David Baddiel ha detto: “Comincio a pensare che Terry Venables avesse ragione”. Un chiaro riferimento a una mancata convocazione di Le God da parte dell’allora ct dei Tre Leoni che all’epoca aveva fatto molto discutere. I tempi degli aforismi che avevano segnato la sua carriera sono lontani. Il ragazzo che commentava il suo score di 48 penalty segnati su 49 con la frase: “Il rigore perfetto è quello che va dentro” continua a recitare il ruolo di bastian contrario. È stato così anche da calciatore. Nel 1996 il commissario tecnico dell’Inghilterra Glenn Hoddle aveva detto: “Le Tissier ha un talento immenso, nel calcio internazionale hai bisogno di gente come lui, con un tasso tecnico elevatissimo”. Solo che nessuno ha mai avuto davvero la voglia e il coraggio di costruirgli una (grande) squadra intorno. Anche perché quel calciatore dalla faccia da freak non aveva molta voglia di uscire dalla sua comfort zone.
“Non so se mia moglie vorrebbe trasferirsi a Londra”, diceva. “A me piace intrattenere la gente, e sì, preferisco essere il pesce grande nello stagno piccolo”, spiegava. Leader dei Saints più per necessità che per scelta, Le Tissier è diventato celebre in Italia anche per quel tiro che mandò in frantumi la carriera di Taibi al Manchester United nel 1999/2000. Qualche tempo fa, quando il calcio inglese è stato sconvolto dallo scandalo per gli abusi sessuali si calciatori minorenni, Matt aveva raccontato una storia agghiacciante, svelando di essere stato massaggiato in maniera particolare dal suo ex tecnico Bob Higgins, allora accusato di abusi da almeno sei ex giocatori. “Eravamo tutti più o meno nudi e venivamo buttati su questo lettino per un rapido massaggio – ha detto alla BBC – ripensandoci oggi, mi rendo conto di quanto fosse inappropriato ma, quando sei solo un ragazzo, ti limiti a chiederti: “È normale?”. Era decisamente disgustoso, quello che accadeva non può definirsi normale: ascoltavi storie di massaggi col sapone o di gare a chi aveva il sedere più peloso. I ragazzi parlano tra loro, a quei tempi sembrava uno scherzo, ci si prendeva in giro. Da adulto, però, ti guardi indietro e non puoi che pensare a quanto fosse sbagliato”. Ora Le Tissier ha deciso di intraprendere un’altra crociata. Quella per la verità. O meglio, per quella che lui ritiene essere la verità.