È stato ampiamente detto, è stato ampiamente scritto. La guerra uccide la verità. Ma questa guerra ha qualcosa in più che possiamo considerare inedito fino ad oggi: è la prima guerra in displaycrazia. E’ la prima guerra dove anche uno specchietto retrovisore può restituirci frammenti di verità, una goccia può restituire all’orrore la sua distruttiva evidenza.

Gli schermi comandano, siano essi piccoli o enormi o casuali, nei display accade tutto ciò che vediamo da lontano al sicuro nei nostri ambienti riscaldati da gas che – grondante di sangue – è lo stesso che alimenta i nostri display dai quali trasuda l’orrore cui ci stiamo abituando. Una inviata speciale che riesce ad entrare nell’anima delle guerre come pochi, Francesca Mannocchi, disse due settimane fa: “Ci si abitua all’orrore e alla fine si cercherà dopo aver mostrato un palazzo distrutto di mostrarne altri ancor più distrutti”.

E’ l’escalation della guerra displaycratica, dove a morire sono donne, uomini e bambini sotto gli occhi inorriditi di comunità perdute che osservano sbigottite, ancora scioccate da due anni di guerra sanitaria globale. Non ci sono più i reparti di terapia intensiva, ma ci sono città intere in distruzione intensiva. I partigiani non sono più gli infermieri e i medici, ma un popolo che cerca di resistere all’invasore vivendo nei sotterranei di una civiltà violata, come solo nei film di fantascienza abbiamo visto. Remember 1997 Fuga da New York? Oggi, nella primavera del 2022, siamo di nuovo alle prese con questi sentieri stretti e interrotti che potrebbero condurre solo a continui bivi. Da una parte la Pace, dall’altra la terza guerra mondiale, la catastrofe globale. E intanto la clessidra della sostenibilità dell’esistenza del nostro pianeta sta inesorabilmente svuotandosi.

Discorsi definitivi, si dirà? Troveremo una soluzione, lo abbiamo sempre fatto! Sì, sono sicuro che una soluzione si troverà. Che andrà tutto bene. Che alla fine il buon senso esploderà come un grandioso ordigno nucleare benefico. Che dopo saremo migliori di prima. Che un omino claudicante col suo passo malfermo invaderà Kiev, foss’anche l’ultima cosa che vorrà fare poggiato al suo bastone con la croce in cima galleggiando tra le macerie di quella terra. Ricordo che quando Don Tonino Bello si recò a Sarajevo con una carovana di Pax Cristi, per un attimo i cecchini tacquero e dal cielo piovevano solo gocce di pioggia come lacrime universali. Questo dobbiamo sperare che accada, possiamo solo sperare che accada, senza smettere di indignarci e con la dignità umana che deve tornare protagonista.

Adesso ho capito perché Mattarella abusò del termine dignità nel suo discorso di insediamento. La Dignità che oggi il popolo sotto la guerra cerca di mantenere anche nei buchi sotto la terra in cui è costretto a vivere. Lo vediamo nei display dei coraggiosi corrispondenti che sono lì. Civili che rendono la vita possibile anche senza luce, acqua e ogni cosa scontata che accompagna la nostra vita. Quando schiacciamo un interruttore, pensiamo a loro. Quando viaggiamo inutilmente in auto, pensiamo al fatto che stiamo facendo il pieno con petrolio grondante di sangue di quel popolo. Sì… almeno pensiamoci, visto che non c’è soluzione, se non la terza guerra mondiale dopo una recessione totale. Ma almeno pensiamoci.

E pensiamo che il 23 febbraio 2022 c’era una donna, in una città chiamata Mariupol, che guardava la tv nella sua cucina mangiando la sua zuppa ucraina di verdure e patate e nella sua mente scorrevano come immagini sogni e desideri riguardanti i suoi figli o i suoi nipoti. Rimuginava sul futuro, era felice proprio come noi e programmava le vacanze per la prossima estate. Nero con dissolvenza… il 25 febbraio tutto svanisce.

La guerra è il peggior film della nostra vita è un film con un solo titolo: The End.

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