Laura Boldrini ha deciso di parlare del tumore che ha scoperto di avere durante il lockdown per “contribuire a scardinare il pregiudizio che dà tanto disagio alle persone. Condividere la condizione con chi l’ha vissuta, anche per incoraggiare altri a non stare in silenzio: il silenzio isola, il silenzio deprime. Trasformare la battaglia contro la malattia in una battaglia di civiltà”. Nella lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, la deputata racconta: “Tutto è cominciato con il lockdown. Anche io cantavo l’inno sui balconi, uscivo a parlare con i vicini. Così ho conosciuto Laura Licci, osteopata. La prima persona della catena di coloro che mi hanno salvato la vita”. Boldrini racconta di aver parlato con la vicina di casa del dolore che aveva alla gamba destra: “Laura mi convince a farmi vedere. Il medico consiglia una risonanza magnetica”. Da lì a poco, la diagnosi: “Una lesione tumorale al femore: un condrosarcoma. Devo fare la Tac, la Pet, la Total body…”. Una storia familiare che con la malattia ha avuto più volte a che fare, quella di Boldrini: la mamma e la sorella sono morte di cancro. Quest’ultima a 46 anni e, continua la deputata “era molto religiosa, ha deciso di lasciare che avvenisse la volontà di Dio. Una dimensione punitiva della fede, che ho contestato sino alla fine; ma mia sorella non ha ceduto di un millimetro. Ha rifiutato anche le cure palliative“. Eppure Boldrini dice di non aver mai pensato che potesse capitare a lei: “Ho sempre pensato che questo non mi riguardasse. E non riuscivo a prendere atto della realtà. Forse è un errore, pensavo, non sono i miei esami; o forse l’errore lo sta facendo il medico. Invece tutte le analisi hanno confermato che era davvero un tumore”. Poi, la confessione della paura: “Ho cominciato a cercare informazioni online; e a pensare a quel che poteva succedermi. Restare zoppa. Perdere la gamba. Rimanere inchiodata in un letto. Un paradosso, dopo una vita sempre improntata al movimento, le missioni in zone di guerra… Ora avevo mille ipotesi davanti a me. E mi facevano tutte orrore”. Un mese trascorso in ospedale, raccontato nel libro “Meglio di ieri“. L’operazione, riuscita la terapia intensiva e il presente: “Ho una cicatrice di 35 centimetri che da metà coscia prosegue fino all’anca, poi piega verso destra… Camminare non è più un piacere come prima, ma con un rialzo sotto l’altra gamba, la sinistra, riesco a farlo. Quando sono tornata a Montecitorio mi hanno applaudita anche gli avversari: mi ha fatto piacere. Voglio battermi per i malati, per chi vive uno stigma che perdura dopo la guarigione, e non riesce ad accedere al credito, a fare un mutuo, a chiedere una polizza sulla vita, ad adottare un bambino. Al Senato c’è una proposta di legge della mia omonima Paola Boldrini sul diritto all’oblio: dopo dieci anni, quando non sei più a rischio, la tua malattia non deve più essere menzionata”.
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