I familiari delle centoquaranta vittime della strage del Moby Prince si troveranno anche quest’anno il 10 aprile a Livorno, per onorare il 31esimo anniversario della vicenda che ha sconvolto le loro vite. Solo l’8 maggio sapranno se il tribunale civile di Firenze ha deciso di accettare quanto emerso dalla commissione d’inchiesta del Senato nel gennaio 2018, ovvero che passeggeri e membri dell’equipaggio del traghetto Navarma (che oggi si chiama Moby) sono sopravvissuti ore dopo la collisione della nave con la petroliera Agip Abruzzo, quindi che furono vittima di un’omissione di soccorso pubblico, ad oggi inspiegabile, da parte delle autorità: Capitaneria di Porto di Livorno e Dipartimento militare marittimo “Alto Tirreno” di La Spezia, cioè la Marina Militare Italiana. Per questo i familiari delle vittime hanno fatto una causa civile allo Stato, nello specifico ai ministeri competenti. E questa è arrivata all’appello, con conclusione attesa appunto l’8 maggio prossimo, dopo una prima sentenza che il 2 novembre 2020 ha dato torto ai familiari delle vittime, secondo il principio per il quale le conclusioni di una commissione d’inchiesta sono solo un “atto politico” che, nonostante i risultati degli accertamenti tecnici, non può spostare la verità uscita dai tribunali (secondo i quali i 140 a bordo sono morti tutti in massimo mezz’ora, tempo che rende lo Stato esente da qualsiasi colpa.
L’8 maggio è l’unica data certa di cui i familiari delle vittime dispongono al momento dai palazzi di giustizia. Dalla Procura di Livorno e dalla Dda di Firenze continua infatti il silenzio assoluto sulle indagini in atto ad oggi contro ignoti, relative alle ipotesi che ricostruirebbero quanto accaduto nei termini di una strage. L’unica pista rimasta in piedi a riguardo, a quanto noto a ilfattoquotidiano.it, sarebbe la bomba con esplosivo ad uso civile come concausa della collisione tra traghetto e petroliera: l’ordigno sarebbe stato posizionato (per motivi da capire) nel locale eliche di prua. Su cos’è successo in questa parte della nave, se l’esplosione è stata precedente o successiva alla collisione e all’incendio del traghetto, se sia avvenuta per effetto di un esplosivo o di una combinazione di gas e calore si sono divise in questi trent’anni varie perizie e ricostruzioni. Gli accertamenti sono partiti a marzo nei laboratori del Racis di Roma, sotto lo stimolo della commissione d’inchiesta attiva alla Camera, e – sempre a quanto risulta a ilfatto.it, dovrebbero produrre risultati finali entro la metà di maggio.
Di fronte al silenzio che circonda le indagini, i rappresentanti dei familiari delle vittime continuano comunque a lanciare messaggi pubblici di piena fiducia negli sforzi della magistratura, così come nell’operato della Commissione d’inchiesta attiva alla Camera dei Deputati. “Sappiamo che stanno lavorando – dice a ilfattoquotidiano.it Luchino Chessa, figlio del comandante del Moby e presidente dell’associazione 10 aprile – e dobbiamo solo continuare a sperare che lo facciano al meglio, riconoscendo quello che è successo per quello che è stato: una strage”. Gli fa eco Nicola Rosetti, presidente dell’associazione 140: “La Procura di Livorno ci deve parole di verità e dopo trentuno anni le persone che hanno responsabilità devono essere processate. Spero che non si torni a parlare di omicidio colposo, quindi di centoquaranta persone morte per errori e negligenze. Perché in quel caso sappiamo già come finirebbe: non ci sarebbe alcun processo, per la prescrizione del reato”. Con buona pace di verità e giustizia.
Giustizia & Impunità
Moby Prince, ipotesi bomba con esplosivo ad uso civile: le indagini del Racis dei carabinieri
Sul disastro navale del 1991 a Livorno proseguono le inchieste della Procura di Livorno, della Dda di Firenze e della commissione alla Camera e il processo per la causa civile allo Stato la cui sentenza d'appello è fissata per l 8 maggio. I familiari: "Non si parli più di omicidio colposo"
I familiari delle centoquaranta vittime della strage del Moby Prince si troveranno anche quest’anno il 10 aprile a Livorno, per onorare il 31esimo anniversario della vicenda che ha sconvolto le loro vite. Solo l’8 maggio sapranno se il tribunale civile di Firenze ha deciso di accettare quanto emerso dalla commissione d’inchiesta del Senato nel gennaio 2018, ovvero che passeggeri e membri dell’equipaggio del traghetto Navarma (che oggi si chiama Moby) sono sopravvissuti ore dopo la collisione della nave con la petroliera Agip Abruzzo, quindi che furono vittima di un’omissione di soccorso pubblico, ad oggi inspiegabile, da parte delle autorità: Capitaneria di Porto di Livorno e Dipartimento militare marittimo “Alto Tirreno” di La Spezia, cioè la Marina Militare Italiana. Per questo i familiari delle vittime hanno fatto una causa civile allo Stato, nello specifico ai ministeri competenti. E questa è arrivata all’appello, con conclusione attesa appunto l’8 maggio prossimo, dopo una prima sentenza che il 2 novembre 2020 ha dato torto ai familiari delle vittime, secondo il principio per il quale le conclusioni di una commissione d’inchiesta sono solo un “atto politico” che, nonostante i risultati degli accertamenti tecnici, non può spostare la verità uscita dai tribunali (secondo i quali i 140 a bordo sono morti tutti in massimo mezz’ora, tempo che rende lo Stato esente da qualsiasi colpa.
L’8 maggio è l’unica data certa di cui i familiari delle vittime dispongono al momento dai palazzi di giustizia. Dalla Procura di Livorno e dalla Dda di Firenze continua infatti il silenzio assoluto sulle indagini in atto ad oggi contro ignoti, relative alle ipotesi che ricostruirebbero quanto accaduto nei termini di una strage. L’unica pista rimasta in piedi a riguardo, a quanto noto a ilfattoquotidiano.it, sarebbe la bomba con esplosivo ad uso civile come concausa della collisione tra traghetto e petroliera: l’ordigno sarebbe stato posizionato (per motivi da capire) nel locale eliche di prua. Su cos’è successo in questa parte della nave, se l’esplosione è stata precedente o successiva alla collisione e all’incendio del traghetto, se sia avvenuta per effetto di un esplosivo o di una combinazione di gas e calore si sono divise in questi trent’anni varie perizie e ricostruzioni. Gli accertamenti sono partiti a marzo nei laboratori del Racis di Roma, sotto lo stimolo della commissione d’inchiesta attiva alla Camera, e – sempre a quanto risulta a ilfatto.it, dovrebbero produrre risultati finali entro la metà di maggio.
Di fronte al silenzio che circonda le indagini, i rappresentanti dei familiari delle vittime continuano comunque a lanciare messaggi pubblici di piena fiducia negli sforzi della magistratura, così come nell’operato della Commissione d’inchiesta attiva alla Camera dei Deputati. “Sappiamo che stanno lavorando – dice a ilfattoquotidiano.it Luchino Chessa, figlio del comandante del Moby e presidente dell’associazione 10 aprile – e dobbiamo solo continuare a sperare che lo facciano al meglio, riconoscendo quello che è successo per quello che è stato: una strage”. Gli fa eco Nicola Rosetti, presidente dell’associazione 140: “La Procura di Livorno ci deve parole di verità e dopo trentuno anni le persone che hanno responsabilità devono essere processate. Spero che non si torni a parlare di omicidio colposo, quindi di centoquaranta persone morte per errori e negligenze. Perché in quel caso sappiamo già come finirebbe: non ci sarebbe alcun processo, per la prescrizione del reato”. Con buona pace di verità e giustizia.
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Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Proprio perché sono una patriota metterò questa nazione in sicurezza, perché come dice la nostra Costituzione difendere la Patria è un sacro dovere del cittadino". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nella replica al Senato sulle comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo.