Non ho sottomano il dettaglio del testo sottoposto al voto dei partecipanti alla riunione straordinaria dell’Organismo delle Nazioni Unite del 7 aprile scorso per valutare se, almeno il quesito sottoposto, aiutava o meno a decidere sulla liceità dell’attacco della grande Armata Russa contro la piccola Ucraina – che tentata dal benessere e dalla libertà dell’Europa (e suoi paesi aderenti) aspirava ad entrarvi con pieno diritto di partecipazione. Invece, dal 24 febbraio scorso questa aspirazione si è infranta contro l’opposizione armata della Russia che ha invaso il territorio ucraino senza preavviso e travolgendo chiunque e ogni cosa cercasse di impedirlo.
Quel voto quindi nella logica dello scopo attribuito all’Onu avrebbe dovuto distinguere gli oppressori dagli oppressi, stabilendo chi rivendica diritti riconosciuti dalla Carta delle Nazioni da chi invece cerca ancora, come nei secoli scorsi, di imporre la propria forza sui deboli, rivendicando le vecchie ragioni stabilite dalle armate vittoriose su quelle sconfitte. Alla fine si è risolto con la banale conta dei “paesi amici” di questo o quello dei due contendenti.
Già da questo breve paragrafo si può dedurre che la prima riforma che l’Onu deve fare è di se stessa. L’importanza di questa istituzione è evidente ma è indispensabile attribuirgli più poteri (e nessun potere di veto, o perlomeno l’annullamento del veto su chi usa palesemente per primo la forza) dando quindi potere all’istituzione di stabilire la regola che il primo che usa le armi invece che perseguire pacificamente le proprie ragioni attraverso l’intermediazione dell’Onu, potrà essere colpito da sanzioni cui potranno (o dovranno) partecipare tutti gli altri. Se ci fosse stata questa regola il presidente russo Putin, che ha tentato con questa ardita mossa di ripetere il blitz riuscito in Crimea, non avrebbe potuto scegliere questo azzardo, perché sarebbe stato immediatamente colpito dalle sanzioni di tutti gli altri aderenti.
In questi giorni che hanno preceduto la riunione dell’Onu, nonostante le continue stragi di civili e le devastazioni di intere città commesse dall’esercito invasore russo, si sono cominciate a sentire in contemporanea alle giuste preghiere del papa per la pace anche le ostinate critiche e giustificazioni di vari commentatori che riescono (come fanno certi avvocati “azzeccagarbugli” di manzoniana memoria) a mettere in rilievo, nei notiziari tv e online, le poche ragioni che Putin e i suoi commensali distribuiscono ad arte per costringere tutti a parlar d’altro invece che delle infamie da essi commesse.
Fin dal primo giorno dell’invasione abbiamo dovuto assistere all’immane violenza e insensibilità umana usata negli attacchi, che non hanno mai fatto differenza tra militari e civili, tra armati e disarmati, tra avvertimento intimidatorio e aggressività devastatrice, tra rivendicazione giuridica e disprezzo autoritario. I meritati epiteti che Putin ha ricevuto da Biden sono criticati da chi crede ancora possibile fare con Putin un confronto sportivo armati di fioretto. Sono gli stessi che però subito dopo avvertono del pericolo: Putin, se messo alle strette, potrebbe ricorrere all’arma atomica introducendo tutti alla terza guerra mondiale. Con uno come Putin quel pericolo certamente potrebbe esserci, ma chi ci può garantire che se avesse vinta questa partita si fermerebbe?
Storicamente non è mai successo che chi si è illuso di conquistare un impero si sia fermato di sua volontà prima di arrivarci, ne abbiamo avuto prova persino nella nostra recente storia nazionale ed europea. Perciò è già perfettamente evidente che si potrà raggiungere la pace solo facendo cadere Putin. Lo hanno già detto in tv anche alcuni strateghi militari che hanno studiato la situazione in dettaglio (e che, sebbene più velatamente, ho già manifestato anch’io nel mio precedente articolo).
Chi mai può credere veramente che Putin, dopo le distruzioni e le stragi che ha commesso in questi quaranta giorni, si accontenterà di piccole conquiste territoriali? La macchina si è ormai messa in moto e solo lui, o una totale sconfitta, potrà fermarla. Ma non gli si dovrà dare nessuna parvenza di vittoria, neppure piccola, perché in quel caso presto o tardi lui ci riproverà in condizioni ancor più pericolose.
E se nel frattempo non si sarà costruita una Società delle Nazioni più forte e risoluta contro le autocrazie il pericolo di una guerra atomica da fine del mondo diventerà davvero concreto, molto più di adesso, perché le bombe atomiche ormai sono in molti ad averle, e di spietati “conquistatori” convinti di essere invincibili il mondo è pieno. Potrebbero essere tutti incoraggiati da una vittoria anche solo parziale di Putin, dopo tutto quello che ha fatto e sta tuttora facendo. Comunque dovrebbe sempre essere chiaro che ora è impossibile ogni tipo di collaborazione con Putin ma non con la Russia, che potrà sempre essere accolta, se lo dimostrerà con regole e fatti adeguati, nelle vere Democrazie.