Il nuovo scontro all’interno del mondo ortodosso arriva dopo che il Patriarca di Mosca ha chiesto alla popolazione russa di raccogliersi intorno alle autorità e ai leader ha ricordato le loro responsabilità invitandoli a essere sempre pronti a servire il loro popolo
“Un crimine morale benedire la guerra”. Il prete della Chiesa ortodossa ucraina Andriy Pinchuk punta il dito contro il Patriarca di Mosca Kirill che è tornato ad appoggiare il conflitto voluto dal presidente russo Vladimir Putin. Oltre 240 sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina hanno chiesto l’intervento del tribunale ecclesiastico per la posizione sulla guerra di Kirill. Pinchuk ha lanciato sui social un appello contro il Patriarca di Mosca che in un solo giorno ha raccolto numerosissime adesioni. Il nuovo scontro all’interno del mondo ortodosso arriva dopo che Kirill ha chiesto alla popolazione russa di raccogliersi intorno alle autorità e ai leader ha ricordato le loro responsabilità invitandoli a essere sempre pronti a servire il loro popolo.
“Possa il Signore – ha affermato il Patriarca di Mosca – aiutare tutti noi in questo periodo difficile per la nostra madrepatria per unirci tutti, anche attorno alle autorità, e le autorità a sentire la responsabilità per il popolo, l’umiltà e a essere pronti a servirlo. Allora ci sarà nel nostro popolo una vera solidarietà e la capacità di respingere i nemici, sia interni che esterni”. Kirill ha aggiunto che il potere è “un’istituzione inalienabile, creata da Dio, che ha accompagnato l’umanità nella sua storia. Capita spesso che una persona che ha raggiunto il potere si dimentichi di tutto il resto e che usi questo potere per ampliarlo ulteriormente, o solo per vivere in modo più agiato”. Per il Patriarca il potere è “pericoloso” e “a colui al quale viene dato, molto sarà richiesto”.
Parole che segnano una marcia indietro rispetto a quanto Papa Francesco aveva detto direttamente a Kirill che già all’inizio della guerra si era schierato con Putin. “La Chiesa – aveva spiegato Bergoglio al Patriarca – non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù. Siamo pastori dello stesso santo popolo che crede in Dio, nella Santissima Trinità, nella Santa Madre di Dio: per questo dobbiamo unirci nello sforzo di aiutare la pace, di aiutare chi soffre, di cercare vie di pace, per fermare il fuoco”.
Francesco aveva, inoltre, aggiunto che “chi paga il conto della guerra è la gente, sono i soldati russi ed è la gente che viene bombardata e muore. Come pastori abbiamo il dovere di stare vicino e aiutare tutte le persone che soffrono per la guerra. Un tempo si parlava anche nelle nostre Chiese di guerra santa o di guerra giusta. Oggi non si può parlare così. Si è sviluppata la coscienza cristiana della importanza della pace”. Concludendo che “le Chiese sono chiamate a contribuire a rafforzare la pace e la giustizia”. Sullo sfondo resta l’ipotesi molto concreta di un nuovo faccia a faccia tra Bergoglio e Kirill dopo quello del 2016 a L’Avana. Incontro che si dovrebbe svolgere entro l’estate del 2022. Anche se le nuove affermazioni del Patriarca rischiano di minare non solo i rapporti già molti tesi all’interno del mondo ortodosso, non solo russo e ucraino, ma anche quelli con il cattolicesimo.
All’inizio della settimana santa il Papa ha chiesto “una tregua pasquale, ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere, no, una tregua per arrivare alla pace, attraverso un vero negoziato, disposti anche a qualche sacrificio per il bene della gente. Infatti, che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?”. Venerdì santo, il 15 aprile, dopo due anni di assenza a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia, Francesco tornerà a presiedere la via crucis al Colosseo che sarà trasmessa come sempre in mondovisione. A portare la croce della tredicesima stazione, quella in cui si ricorda la morte di Gesù, saranno una famiglia ucraina insieme a una russa. Bergoglio ha affidato le meditazioni ad alcune famiglie legate a comunità e associazioni cattoliche di volontariato e assistenza. Una scelta per celebrare i cinque anni dall’esortazione apostolica Amoris laetitia.