Non solo la revisione del catasto. L’ulteriore fronte di scontro sulla delega fiscale all’interno della maggioranza riguarda le imposte sui proventi finanziari, gli incassi da affitti e in generale tutti i redditi da capitale. Nel mirino c’è l’evoluzione del sistema di imposizione italiano verso il cosiddetto “modello duale“, in cui i proventi da lavoro sono tassati in maniera progressiva mentre a quelli che derivano dalla messa a frutto del capitale si applica un’aliquota proporzionale. Un aspetto su cui il centrodestra non ha avuto nulla da ridire fino a dieci giorni fa, ma che ora secondo Forza Italia e Lega – che mercoledì incontreranno il premier Draghi per discuterne – rende invotabile il testo. Eppure è tutt’altro che una novità dell’ultimo minuto. Era prevista nel documento delle Commissioni Finanze di Camera e Senato propedeutico alla riforma del fisco e approvato, la scorsa estate, dalla maggioranza al completo (per la Lega Alberto Gusmeroli e Alberto Bagnai). Ed era nel testo approvato dal consiglio dei ministri ormai sei mesi fa, quando il Carroccio disertò la riunione non per questo motivo e ma per tenere il punto sul catasto.
Come funziona oggi – L’oggetto del contendere è l’articolo 2 nella parte in cui dispone il passaggio graduale all’applicazione della “medesima aliquota proporzionale” ai redditi “derivanti dall’impiego di capitale, anche nel mercato immobiliare“. La cosiddetta “dual income tax” diffusa nei Paesi scandinavi, già prevista dalla riforma Visco del 1996 ma mai attuata del tutto e oggi sconsigliata anche dall’ex ministro delle Finanze, che ha suggerito invece di tassare anche i patrimoni con un’imposta progressiva. Il punto di partenza è che oggi i redditi da capitale come dividendi e interessi sono sottratti all’Imposta sul reddito delle persone fisiche e soggetti a un’aliquota del 26% ma con molte eccezioni: titoli di Stato e buoni fruttiferi postali godono per esempio di un trattamento agevolato con aliquota al 12,5% e da alcuni anni i proprietari di immobili affittati possono, invece che indicare i canoni incassati come redditi soggetti all’Irpef, optare per la cosiddetta cedolare secca, un‘imposta sostitutiva pari al 21% se la locazione è libera e al 10% se il canone è concordato. Al risultato netto di gestione dei fondi pensione si applica invece il 20%.
Cosa ha chiesto la maggioranza (Lega compresa) – L’anno scorso i membri delle commissioni Finanze nella relazione di maggioranza hanno suggerito al governo di razionalizzare il sistema optando, per i redditi da capitale, per un’unica aliquota di livello “sufficientemente prossimo” a quella applicata al primo scaglione Irpef (23%), precisando subito dopo che questa impostazione non avrebbe “pregiudicato” i regimi cedolari esistenti e più favorevoli “in quanto sono possibili interventi perequativi in relazione alla determinazione della base imponibile tali per cui l’imposta netta rimane costante”. Tradotto: sì al riordino della tassazione sostitutiva, ma con accorgimenti per far sì che l’operazione fosse a gettito invariato.
Cosa c’è nella legge delega – La delega ha recepito la richiesta, ma non questo caveat. Di qui il timore del Carroccio che l’imposizione su Bot e affitti possa salire verso il 23%. Tutto comunque sarà deciso solo in sede di stesura dei decreti delegati, nei 18 mesi successivi al varo del ddl. E la riformulazione del testo della delega proposta dal Tesoro alla maggioranza a inizio aprile contiene un evidente tentativo di mediazione: non solo si specifica in una prima fase transitoria le aliquote possono restare due, ma soprattutto all’ultima riga viene aggiunta una clausola in base alla quale dall’attuazione delle deleghe “non deve derivare un incremento della pressione tributaria rispetto a quella derivante dall’applicazione della legislazione vigente”. Ancora non abbastanza per il centrodestra, che pure chiedeva garanzie proprio su questo.
Il peso delle amministrative -Le elezioni amministrative ormai imminenti hanno ovviamente un peso non secondario: non a caso il Carroccio in queste ore sta rilanciando pure sull’allargamento della flat tax, cui sembrava aver rinunciato. Secondo Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria al Mef in quota Leu, “si sta cercando di sfruttare questa o quella disposizione della legge delega per motivi elettorali. In questo modo non andiamo sicuramente da nessuna parte e non faremo forse una riforma fiscale, cosa di cui dal mio punto di vista nel nostro Paese ci sarebbe estremo bisogno perché il nostro sistema è iniquo e ingiusto: si pagano imposte in modo casuale, e molti purtroppo nemmeno le pagano”.