Hanna Bilobrova ha viaggiato in auto per due ore, da Donetsk alla Lituania, per riportare a casa il suo corpo che lei stessa ha trovato riverso per strada, ormai esanime, e ora racconta a Repubblica di quei terribili momenti
“C’è una indagine in corso, spero che sia il più veloce possibile. Il suo caso è tra le prove dei crimini di guerra commessi dall’esercito russo in Ucraina“. A dirlo è Hanna Bilobrova, la moglie del regista lituano Mantas Kvedaravicius, trovato morto il 1 aprile scorso a Mariupol: ha viaggiato in auto per due ore, da Donetsk alla Lituania, per riportare a casa il suo corpo che lei stessa ha trovato riverso per strada, ormai esanime, e ora racconta a Repubblica di quei terribili momenti.
Lei e il marito erano arrivati in Ucraina il 20 marzo, in piena guerra, per documentare l’assedio russo a Mariupol: “Il motivo che ci ha spinto a partire sono i cittadini che abbiamo incontrato durante le riprese”, ha spiegato la donna riferendosi a Mariupolis, il documentario sulla cittadina ucraina che il marito aveva girato nel 2016. “Mio marito era impressionato dalle persone con cui vivevamo, in una chiesa diventata rifugio, perché facevano sempre qualcosa, come pulire le porte rotte”, ha raccontato ancora, sottolineando come Mantas si fosse da subito prodigato per aiutare i civili ucraini, oltre che pensare alle sue riprese. Così, un giorno ha deciso di accompagnare un uomo a radunare civili per aiutarli a scappare dalla città occupata: “Mi sono offerta di andare con lui, ma avrei occupato solo spazio utile per salvare altre persone“. Quella è stata l’ultima volta che ha visto suo marito: “A un checkpoint di soldati russi hanno controllato i documenti. Per via del suo passaporto lituano lo hanno accusato di essere un cecchino della Nato venuto per ucciderli“.
Da allora Hanna Bilobrova ha girato per le strade della città e chiedendo ai soldati russi notizie di Mantas Kvedaravicius e mostrando la foto del suo passaporto. “Avevo paura di non trovarlo, ma ho deciso che non avrei lasciato Mariupol senza di lui. Vivo o morto“. Dopo quattro giorni di ricerche ha visto il suo corpo senza vita per strada: “Non toccarlo, potrebbe essere minato”, le ha detto un soldato russo. “Il suo corpo è stato caricato su un camion con altri soldati russi morti, in direzione Donetsk“. Così, anche lei è partita alla volta della repubblica secessionista filorussa: “Mi hanno aiutato, nonostante tutto erano coinvolti anche loro. Non potevo comunicare con il governo ucraino perché se no avrebbero ucciso anche me. Era l’unico modo possibile”. Lì ha affittato un’auto per portarlo a casa. “Adesso la cosa più importante per me è continuare il lavoro che Mantas aveva iniziato. Lui mi disse di tenere la macchina da presa con i filmati sempre con me:’ Se mi dovesse succedere qualcosa, una volta in Lituania, contatta i miei amici e ti aiuteranno a finire quello che abbiamo iniziato’, mi aveva detto”. E ora questo farà Hanna Bilobrova.