Il paese ha sul mercato obbligazioni in dollari per 12,5 miliardi di dollari mentre le sue riserve in valuta statunitense si sono assottigliate in marzo a 1,9 miliardi, 400 milioni in meno di febbraio e meno della metà rispetto a due anni fa. Lo Sri Lanka importa il 45% del grano che consuma da Russia e Ucraina, dall'inizio del conflitto i prezzi sono saliti di circa il 50%. Oxfam chiede ai governi di cancellare tutti i pagamenti per il servizio del debito per i Paesi in via di sviluppo nell’anno in corso
Lo Sri Lanka ha dichiarato default sui suoi bond emessi in valuta estera. Uno stop dei pagamenti, nei propositi del governo di Colombo, temporaneo, deciso per fare fronte alla condizione di emergenza internazionale. Il paese intende preservare le sue scorte di dollari per destinarle alle importazioni di cibo e carburante. Pandemia e ora il conflitto in Ucraina hanno reso la situazione “insostenibile”, spiega l’esecutivo che è alle prese con una grave crisi economica e crescenti proteste. Il nuovo governatore della banca centrale, Nandalal Weerasinghe, ha affermato in una nota che le autorità stanno cercando di negoziare con i creditori e avvertono di una possibile inadempienza. Le misure sono “l’ultima risorsa per prevenire un ulteriore deterioramento della situazione finanziaria della Repubblica”, ha affermato il ministero delle Finanze con un debito record da quando ha dichiarato l’indipendenza nel 1948. “Ora è evidente che qualsiasi ulteriore ritardo rischia di infliggere danni permanenti all’economia dello Sri Lanka e di causare danni potenzialmente irreversibili ai detentori del debito pubblico estero del Paese”.
Il paese ha sul mercato obbligazioni in dollari per 12,5 miliardi di dollari mentre le sue riserve in valuta statunitense si sono assottigliate in marzo a 1,9 miliardi, 400 milioni in meno di febbraio e meno della metà rispetto a due anni fa. Il prossimo 25 luglio dovrebbe essere rimborsata una obbligazione da un miliardo di dollari che giunge a scadenza. Il titolo che ha una cedola del 5,8% viene attualmente scambiato sul mercato con uno sconto del 50%. Il governo ha anche contattato il Fondo monetario internazionale per chiedere aiuto per definire un programma di ripresa economica e per aiuti finanziari di emergenza. Ha anche chiesto assistenza finanziaria ad altri partner multilaterali e bilaterali.
Lo Sri Lanka importa il 45% del grano che consuma da Russia e Ucraina, dall’inizio del conflitto i prezzi sono saliti di circa il 50%. Colombo acquista dai due paesi anche il 50% della soia e dell’olio di girasole che utilizza. Peraltro Kiev e Mosca sono grandi utilizzatori di tè nero srilankese di cui comprano il 18% della produzione. La scorsa settimane la Fao ha segnalato come l’indice dei prezzi alimentari globali abbia toccato il livello più elevato si sempre. I rincari di prodotti di prima necessità rischiano di accrescere le tensioni economico sociali nei paesi più poveri e più dipendenti dalle produzioni di Russia e Ucraina, con molti carichi bloccati nei porti del mar Nero. A dipendere fortemente dai due paesi sono anche Egitto, Algeria, Tunisia, Libano, Yemen.
L’organizzazione Oxfam ricorda come a causa del combinato effetto di pandemia e guerra in Ucraina il numero di persone in condizioni di povertà estrema potrebbe aumentare di 63 milioni di individui. Complessivamente diventerebbero quindi 860 milioni di persone si ritroverebbero costrette a sopravvivere con meno di 1,90 dollari al giorno e 827 milioni soffrirebbero la fame. In questo momento, ricorda Oxfam, ampie fasce della popolazione in Africa orientale, nel Sahel, in Yemen e Siria si trovano già sull’orlo della carestia. La richiesta ai governi è quindi quella di cancellare tutti i pagamenti per il servizio del debito per i Paesi in via di sviluppo nell’anno in corso. Un passo che renderebbe disponibili più di 30 miliardi di dollari solo nel 2022 per 33 paesi in difficoltà e già fortemente indebitati. Oxfam propone anche di tassare gli extra-profitti delle imprese che hanno beneficiato della crisi pandemica. Un simile prelievo applicato a 32 grandi multinazionali avrebbe potuto generare 104 miliardi di dollari di extra-gettito già nel 2020.