È stata chiesta l’archiviazione dell’inchiesta per la presunta manomissione delle tracce di Dna utilizzato ed esaminato nel processo che ha portato alla condanna in via definitiva Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio. Nessun complotto per la Procura di Venezia, come anticipato dal Corriere della Sera del Veneto. Secondo gli inquirenti non è emersa alcuna prova di un piano per depistare le indagini sull’omicidio della 13enne sparita da Brembate di Sopra, il 26 novembre 2010 e ritrovata morta in un campo 3 mesi dopo, il 26 febbraio 2011. Nessuno avrebbe lasciato deperire di proposito il Dna di “Ignoto1”, rendendone di fatto impossibile la comparazione con quello di Massimo Bossetti. La denuncia era stata presentata dal muratore bergamasco, condannato all’ergastolo. Erano stati iscritti nel registro degli indagati, per frode in processo e depistaggio, il presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo, e la funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato, Laura Epis. Sul punto nel 2018 si era già espressa la Cassazione nelle motivazione del verdetto per il fine pena mai per il muratore. Per gli ermellini era illogica l’ipotesi del complotto e il Dna trovato sugli indumenti della vittima era quello di Massimo Bossetti senza alcun dubbio. Successivamente la Cassazione, nel 2021, aveva accolto della difesa dell’imputato per accedere ai campioni genetici.

Il fascicolo a Venezia era stato aperto nei mesi scorsi dall’aggiunto veneziano Adelchi D’Ippolito, dato che Venezia è la Procura competente per le inchieste che coinvolgono i magistrati bergamaschi. E ora è lo stesso magistrato a chiedere al giudice di archiviare le accuse. Né le verifiche svolte né i testimoni hanno fatto emergere alcuna prova si manomissione del Dna. Quando Yara è stata trovata nel campo di Chignolo d’Isola, a pochi chilometri da dov’era sparita, sono stati trovati 54 campioni di materiale organico dai suoi abiti. Proprio quelle prove hanno permesso di trovare tracce di Ignoto 1. Poi le indagini hanno portato a identificare Bossetti.

La difesa del muratore di Mapello da tempo chiede di poter esaminare i reperti con l’obiettivo di ottenere la revisione del processo. Negli ultimi due anni c’è stato un rimpallo tra Cassazione e Appello che non ha mai portato a una posizione chiara rispetto alla possibilità o meno di effettuare nuovi test. Lo scorso 7 aprile la Suprema Corte ha rimandato ancora una volta la questione nelle mani di Bergamo, ritenendo ammissibili i due ricorsi con i quali gli avvocati di Bossetti chiedono di prendere visione delle prove e di conoscerne lo stato di conservazione. Il timore dei difensori è che la cattiva conservazione della traccia genetica possa aver cancellato ogni possibilità di dimostrare l’innocenza del proprio assistito. Dopo che per tanto tempo i campioni di Dna di “Ignoto 1” sono rimasti nei frigoriferi dell’ospedale San Raffaele, adesso si trovano nei magazzini dell’Ufficio corpi di reato. La difesa di Bossetti ha preannunciato di volersi opporre davanti al gip di Venezia alla richiesta di archiviazione. “Acquisiremo gli atti del fascicolo, li studieremo e faremo opposizione all’archiviazione perché per noi il depistaggio è evidente” afferma all’Adnkronos l’avvocato Claudio Salvagni che difende, insieme al collega Paolo Camporini, Massimo Bossetti.

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