"Gli impianti contengono lo stesso tipo di tecnologia che le persone utilizzano quotidianamente. Dai telecomandi per aprire le porte, alle carte bancarie o quelle per il trasporto pubblico. I Chip RFID vengono già impiegati per gli animali domestici", il racconto del 37enne alla Bbc
Patrick Paumen si definisce un biohacker e ha raccontato la sua storia alla Bbc. Il 37enne ha 32 chip sottopelle. A cosa servono? Si va dal pagare (avvicinando la mano al pos), all’aprire le porte. Paumen è molto soddisfatto di averli e l’installazione fa male come un pizzico, racconta, quindi poco: “Non vorrei vivere senza di loro”. Non solo, “le reazioni che noto alla cassa non hanno prezzo”. Sì, perché anche se la tecnologia che rende possibile l’impianto di chip nel chip sottopelle non è nuova (per la un chip sottocutaneo fu messo per la prima volta nel 1998), non sono molte le persone che li hanno e soprattutto, che ne hanno così tanti. Paumen, addetto alla sicurezza olandese, si dice sicuro per quanto riguarda la privacy: “Gli impianti contengono lo stesso tipo di tecnologia che le persone utilizzano quotidianamente. Dai telecomandi per aprire le porte, alle carte bancarie o quelle per il trasporto pubblico. I Chip RFID vengono già impiegati per gli animali domestici così da identificarli quando si smarriscono. Ma non è possibile localizzarli utilizzando un RFID: l’animale scomparso deve essere rintracciato fisicamente affinché gli si scansioni il corpo alla ricerca del chip. L’impianto deve trovarsi nelle prossimità del campo magnetico generato da un lettore RFID (o NFC): solo quando avviene l’accoppiamento magnetico tra il lettore e il trasponder del chip l’impianto può essere letto”.