Le ospitate a “CartaBianca” di Alessandro Orsini, docente della Luiss e direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale, hanno suscitato numerose polemiche. Dal polverone mediatico per un contratto di duemila euro a puntata, cancellato successivamente dai vertici dell’azienda, alle reazioni politiche fino alla presa di distanza del direttore di Rai3 Franco Di Mare. Un caso che ha spinto il servizio pubblico a ulteriori valutazioni, la prossima settimana la commissione parlamentare di Vigilanza inizierà a discutere di una proposta di risoluzione presentata dal presidente Alberto Baracchini a proposito della ‘presenza di commentatori e opinionisti all’interno dei programmi Rai‘. Bozza discussa tra gli addetti ai lavori e aperta agli emendamenti dei deputati e senatori prima dell’approvazione in via definitiva.
In una lettera pubblicata dal quotidiano La Stampa la conduttrice Bianca Berlinguer ha espresso i suoi dubbi: “Si chiede di selezionare la ‘competenza e l’autorevolezza’ delle persone chiamate a esprimere la propria opinione. Giusto. Ma qui voglio ricordare – ed è solo un esempio – che l’ospite oggetto della più recente polemica (Alessandro Orsini) è persona di indiscussa competenza, titolare di un curriculum prestigioso anche a livello internazionale, docente universitario specializzato in sociologia del terrorismo e autore di numerose pubblicazioni. Ne consegue che la contestazione nei suoi confronti sembra derivare non da una carenza di titoli, bensì dal contenuto delle sue posizioni sull’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Dunque, per decidere dell’opportunità della sua presenza in una trasmissione Rai si dovrebbe formulare un giudizio sull’accettabilità politica o meno delle sue opinioni. Ma chi dovrebbe assumersi la responsabilità di un simile compito che potrebbe rischiare di somigliare, al di là delle intenzioni, a una sorta di tribunale politico?“.
Berlinguer si sofferma anche sull’invito a ruotare maggiormente gli ospiti: “Ma qui il discorso riguarda esclusivamente la struttura e il linguaggio dei programmi. Programmi che producono affezione: un rapporto cioè di consuetudine anche emotiva tra il pubblico (una parte di esso) e chi esprime un’opinione identificabile e ‘riconoscibile’. È una legge della televisione, osservata da tutti i talk show, ma anche dall’intera offerta dei palinsesti che di per sé non pregiudica in alcun modo il contraddittorio per altro richiesto in primo luogo dal pubblico e che anche per questo è interesse prioritario, di chi ha la responsabilità di un programma, favorire e garantire. La pluralità delle voci è, come ovvio, il principio al quale attenersi, ma bisogna intendersi sul significato di quella stessa pluralità, che non può essere solo la proiezione televisiva delle diverse posizioni politico pratiche. Ma deve esprimere anche gli orientamenti di quelle aree della società che non si sentono rappresentate istituzionalmente. E nelle nostre trasmissioni sul coronavirus e sulla guerra abbiamo cercato di dare voce, tra gli altri, a questi sentimenti.”
Nella bozza Baracchini c’è l’invito a evitare una rappresentazione teatrale delle diverse posizioni in campo, un punto su cui la giornalista pone nuove domande: “Ancora una volta chi decide quale forma, quale stile e quale parola del dibattito costituisce ‘spettacolo’ e quale invece, discussione intellettuale? In base a quali criteri estetici o di sociologia della comunicazione? E chi soprattutto dovrà valutarlo? Chi se non colui o colei che firma il programma, che lo conduce e ne è responsabile, insieme agli autori?”.
La padrona di casa si sofferma poi sul punto più discusso, il compenso per gli opinionisti. Nel documento viene infatti raccomandato di privilegiare le presenze a titolo gratuito al fine di favorire la libera espressione delle opinioni: “Preciso che per quanto riguarda CartaBianca si tratta solo di pochissimi contratti, su centinaia di ospiti nel corso della stagione, e di compensi sensibilmente inferiori a quelli della concorrenza. Qui andrebbe detto, fuori da ogni ipocrisia, quanto è noto a tutti gli addetti ai lavori: da anni esiste un mercato degli opinionisti, al quale la Rai potrebbe sottrarsi solo nel caso che decidesse di rinunciare a competere con le altre emittenti, a ignorare fino a cancellare gli indici di ascolto e, di conseguenza, a disertare il mercato pubblicitario. Se questo si vuole dal servizio pubblico, lo si dica. È un’ipotesi che assolutamente non condivido ma che può essere seriamente argomentata.”