Dal mese scorso, quando i committenti hanno iniziato a inviare le certificazioni dei redditi (CU), siamo entrati in piena fase di raccolta dei documenti, per adempiere alla dichiarazione dei redditi 2022. Tra le scadenze più importanti, entro il 30 giugno occorre versare il saldo relativo al 2021 e la prima rata dell’anno in corso. Ma che cosa comporta la dichiarazione, dal punto di vista degli immobili? Vediamo le regole principali.
Anche la prima casa va segnalata
Gli immobili vanno dichiarati nel quadro RB (Redditi dei fabbricati) dove vanno segnalati al Fisco la rendita catastale non rivalutata di ogni immobile posseduto, il tipo di utilizzo e alcuni altri dati. Sono tenuti alla dichiarazione i proprietari di fabbricati e anche i titolari di diritti come l’usufrutto, mentre non dichiara nulla chi ha acquistato una casa come “nuda proprietà”, ma ancora non sta godendo di alcun diritto sul cespite. La sezione si compila per ogni immobile, compresa la prima casa, quelle successive, e per le pertinenze. Sull’abitazione principale non si paga l’Imu e il Fisco, in sede Irpef, concede una deduzione dal reddito complessivo pari al reddito prodotto dall’abitazione e dalle sue pertinenze.
Le case in affitto
Quando si è proprietari di una casa data in affitto, l’immobile va dichiarato come fabbricato e il ricavo derivante dagli affitti va anch’esso segnalato al Fisco come reddito da fabbricati. Da qualche anno, ormai, i proprietari hanno la possibilità di scegliere tra due regimi fiscali: assoggettare i redditi da locazione alla propria aliquota Irpef, oppure utilizzare l’opzione della “cedolare secca”. Questa aliquota è in generale al 21%, tranne che per alcuni casi, come ad esempio gli affitti a “canone concordato”, che invece pagano un’aliquota agevolata al 10%.
Gli affitti brevi
Una menzione a parte merita il capitolo dei redditi da locazione turistica, ossia gli “affitti brevi”. Naturalmente, anche questi vanno dichiarati al Fisco e anche in questo caso si può scegliere tra regime Irpef o cedolare secca al 21%.