Nell'acciaieria genovese si è sfiorata la tragedia negli scorsi giorni a causa della caduta di bobine di metallo di alcune tonnellate. Per l'Azienda sanitaria locale si potrà riaprire l'impianto "all'adozione delle misure" di sicurezza. E Acciaierie d'Italia, partecipata dallo Stato, con una lettera ha disposto la collocazione in cassa integrazione di tutto il personale impiegato nel ciclo della banda stagnata, circa 180 lavoratori
Due incidenti in quattro giorni, l’ispezione della Asl e la decisione: stop all’impianto “principe” dello stabilimento ex Ilva di Cornigliano, a Genova. Con la conseguenza che Acciaierie d’Italia, partecipata di ArcelorMittal e dello Stato, ha spedito in cassa integrazione 180 lavoratori. Nell’acciaieria genovese si è sfiorata la tragedia negli scorsi giorni a causa della rottura di un paranco e di un cavo che hanno provocato la caduta di bobine di metallo di alcune tonnellate. E quanto accaduto ha fatto scattare un’ispezione dell’Asl3 che al termine degli accertamenti ha disposto un fermo per motivi di sicurezza del treno di laminazione a freddo del ciclo latta, noto come TAF 2, che ‘comanda’, in quanto ne costituisce il primo passaggio, tutto il ciclo della latta dello stabilimento.
La Asl ha prescritto “l’adozione immediata di misure per far cessare il pericolo per la sicurezza e la salute dei lavoratori”. La ripartenza della linea della latta “viene subordinata all’adozione di tali misure” spiega l’Azienda sanitaria genovese. Secondo quanto appreso, Acciaierie d’Italia ha fatto sapere di essere in grado di procedere alle riparazioni entro alcuni giorni, per poter riaprire l’impianto subito dopo le vacanze di Pasqua. Ma con una lettera inviata alle Rsu ha disposto anche la collocazione in cassa integrazione di tutto il personale impiegato nel ciclo della banda stagnata, circa 180 lavoratori, oltre a ai 250 già messi in cassa integrazione straordinaria senza l’accordo con i sindacati.
L’incidente di martedì ha seguito quello di sabato dove i cavi di una gru si erano strappati facendo precipitare un rotolo da 10 tonnellate. In quel caso gli ispettori avevano sequestrato cavi e bozzello di una gru, che però non era l’unica a operare sull’impianto Temper. Adesso, finché l’azienda non provvederà alle sostituzioni dallo stabilimento di Genova non uscirà più la banda stagnata indispensabile soprattutto per il mercato alimentare.
“Il fermo stabilito dalle autorità competenti – commenta il coordinatore delle Rsu, Armando Palombo – è la prova di quello che stiamo dicendo da mesi e cioè che l’azienda non solo non fa investimenti ma nemmeno manutenzione e il fatto che tenga in queste condizioni il ciclo più importante e strategico dello stabilimento la dice lunga sull’attenzione che ha rispetto alla produzione del sito genovese”. Proprio martedì i sindacati hanno messo nero su bianco tutti i problemi legati allo stato degli impianti nella memoria consegnata durante un incontro al prefetto “che abbiamo trovato molto preparato e sensibile – sottolinea Palombo – Ora attendiamo il tavolo della prossima settimana con l’azienda: ci arriviamo con l’ennesimo incidente e un ennesimo deraglio di un locomotore, augurandoci che non ce ne siano altri. Anche ieri un lavoratore stava a poca distanza dalla bobina e solo per questo non si è fatto male”.