La decisione è stata presa da quattro consigliere regionali di minoranza, che stanno cercando di capire perché nell’autunno 2020 il Veneto rimase più a lungo di altre regioni italiane in “zona gialla”, pagando poi un prezzo altissimo in termini di vite umane
“Siamo alla farsa. Non ci vengono forniti dalla Regione Veneto i dati che abbiamo chiesto sei mesi fa per consentirci di indagare, studiare e capire che cosa è accaduto sul fronte della pandemia nell’autunno 2020, quando il Veneto, guidato da Luca Zaia, fu tra le peggiori realtà italiane per decessi in rapporto alla popolazione”. Le minoranze non ci stanno a fare le belle statuine. “Siccome non siamo nelle condizioni di lavorare, siamo costrette a sospenderci, perché vediamo il rischio che questa commissione si trasformi solo in uno strumento utile alla maggioranza per mostrare ciò che vuole, con un finale già scritto. In queste condizioni il nostro non diventa più lavoro, ma complicità. E noi non ci stiamo”.
La decisione è stata presa da quattro consigliere regionali di minoranza, che stanno cercando di capire perché nell’autunno 2020 il Veneto rimase più a lungo di altre regioni italiane in “zona gialla”, pagando poi un prezzo altissimo in termini di vite umane. Era possibile o addirittura doveroso introdurre prima le limitazioni agli spostamenti previsti dalla “zona rossa”, prevenendo una escalation drammatica? È quello che si chiedono Elena Ostanel del movimento il Veneto che Vogliamo, Erika Baldin del Movimento Cinquestelle e Francesca Zottis, Vanessa Camani ed Anna Maria Bigon del Partito Democratico.
La commissione d’inchiesta è stata istituita nel giugno dello scorso anno. Si sono già svolte numerose audizioni, ma siccome era emersa l’esigenza di approfondire i dati illustrati da alcuni tecnici regionali il 13 luglio, ecco che il 7 ottobre è stata inviata una lettera all’Ufficio di presidenza con un elenco dettagliato. Ad Antonia Ricci, direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie venivano chiesti i sequenziamenti della popolazione di Vo Euganeo, il primo paese veneto colpito, dove si verificò il primo decesso in Italia. Inoltre chiedevano gli studi di comparazione dell’efficacia dei test molecolari e antigenici, che animarono la polemica tra la Regione Veneto (che privilegiava gli antigenici) e il professore Andrea Crisanti (che li riteneva inattendibili).
Molto più lungo l’elenco delle richieste per la dottoressa Francesca Russo, direttore della Direzione Prevenzione della Regione. Per cominciare tutti i dati relativi alla mortalità in ospedali, terapie intensive, Rsu e abitazioni durante la seconda ondata. Poi tutte le comunicazioni inviate alle Ulss dal novembre 2019, i provvedimenti adottati dalla giunta per il Covid, le decisioni assunte per le scuole, le ricognizioni sui posti letto nelle terapie intensive. Il capitolo forse più delicato è quello che riguarda la classificazione di malati sintomatici o asintomatici, che per tre settimane non sarebbe stata aggiornata nell’autunno 2020, facendo figurare un numero di asintomatici irrealistico, visto che non c’era stata la presa in carico da parte dell’Ulss oberate di richieste. Le consigliere di minoranza si chiedono se quel dato contribuì a sfalsare i parametri poi utilizzati dal ministero della Salute per programmare le chiusure e le limitazioni agli spostamenti. Per questo motivo vengono chieste anche le tabelle e i calcoli del tasso di contagio Rt.
A fine febbraio, quando ci fu la prima protesta, l’assessore Manuela Lanzarin aveva dichiarato: “A me risulta che le carte siano state inviate, farò una verifica”. “Non è ancora arrivato quello che abbiamo chiesto ed è trascorso un altro mese e mezzo. – è la replica di Elena Ostanel – La documentazione serve per chiarire i dati tecnici relativi al permanere in ‘zona Gialla’ del Veneto. Questo atteggiamento, prima che a noi, è uno sgarbo ai veneti, che meritano di sapere perché siano morti tanti loro cari e se questi decessi avrebbero potuto essere evitati. Ma serve anche per prepararci al meglio per il futuro”.