Chi, “al fine di ostacolare l’esercizio del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza”, si rivolgerà a una donna con “atti molesti, offensivi, intimidatori o coercitivi che ledano la sua libertà“, potrà essere punito con la reclusione dai tre mesi a un anno o condannato a un periodo di lavori di pubblica utilità che va dai 31 agli 80 giorni
È ufficialmente entrata in vigore in Spagna la modifica del codice penale che qualifica come reato il tentativo di importunare o intimidire una donna che si reca in una struttura sanitaria per abortire. Chi, “al fine di ostacolare l’esercizio del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza”, si rivolgerà a una donna con “atti molesti, offensivi, intimidatori o coercitivi che ledano la sua libertà“, potrà essere punito con la reclusione dai tre mesi a un anno o condannato a un periodo di lavori di pubblica utilità che va dai 31 agli 80 giorni.
Il provvedimento era stato proposto dal Partito Socialista del primo ministro Pedro Sánchez e approvato in via definitiva dal Senato mercoledì 6 aprile. Il nuovo reato si inserisce in un contesto sociale con una forte tradizione cattolica e in cui per anni sono stati denunciati casi di stalking da parte dei movimenti ‘pro-vita’ appostati fuori le strutture per dissuadere le donne che volevano abortire. La Spagna ha depenalizzato l’aborto nel 1985 e ne permette la pratica fino alla 14esima settimana e fino alla 22esima solo in alcuni casi: grave rischio per la salute della donna, anomalie nel feto e stupro.
In uno studio del 2018 fatto dall’Associazione spagnola delle cliniche autorizzate per l’interruzione di gravidanza (ACAI), l’89% delle donne spagnole ha affermato di essersi sentito molestato mentre andava in una clinica per aborti e il 66% ha ammesso di aver patito la minaccia degli antiabortisti.