Questa ulteriore conferma dell’efficacia delle campagne vaccinali tra i più giovani emerge da uno studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, condotto dagli scienziati del Boston Children’s Hospital e dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC)
Nonostante il vaccino sviluppato da Pfizer-BioNTech per i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni sia diventato disponibile dallo scorso ottobre, molti genitori non hanno ancora sottoposto i propri figli all’immunizzazione, eppure negli Stati Uniti la vaccinazione dei più piccoli ha contribuito a ridurre del 68 per cento il rischio di ospedalizzazione. Questa ulteriore conferma dell’efficacia delle campagne vaccinali tra i più giovani emerge da uno studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, condotto dagli scienziati del Boston Children’s Hospital e dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Il gruppo di ricerca, guidato da Adrienne Randolph, ha considerato le informazioni raccolte dalla rete nazionale Overcoming Covid-19 Network, lanciata dallo stesso team all’inizio del 2020. Gli autori hanno valutato i dati di 267 bambini di età compresa tra 5 e 11 anni e 918 ragazzi nella fascia tra i 12 e i 18 anni, per un totale di 1.185 giovani che tra luglio 2021 e febbraio 2022 sono risultati positivi a SARS-CoV-2. In aggiunta, i ricercatori hanno esaminato le cartelle cliniche di coetanei ricoverati per altri motivi. I piccoli partecipanti erano stati ospedalizzati in 31 ospedali pediatrici degli Stati Uniti.
Al 16 marzo 2022, secondo le stime dei CDC elaborate dall’American Academy of Pediatrics, solo il 27 per cento dei bimbi nella fascia tra i 5 e gli 11 anni ha completato il ciclo di vaccinazione. Stando a quanto emerge da questo studio, il tasso di vaccinazione è stato sufficiente a ridurre del 68 per cento il rischio di ricovero tra gli adolescenti di età compresa tra 12 e 18 anni. “Il nostro lavoro – sottolinea Randolph – mostra che il vaccino può prevenire le complicazioni più gravi di Covid-19, come il ricovero. Sebbene il farmaco sia meno efficace con la variante Omicron rispetto ai ceppi precedenti, i risultati evidenziano chiaramente che l’immunizzazione può impedire le manifestazioni più acute della malattia”. Nei partecipanti di età compresa tra 5 e 11 anni, infatti, specificano gli esperti, le considerazioni sull’efficacia dell’immunizzazione possono essere effettuate solamente a seguito della diffusione della variante Omicron, dato che nel periodo precedente i vaccini non erano stati ancora approvati per la distribuzione nella popolazione più giovane.
In generale, riportano gli scienziati, l’88 per cento della coorte ospedalizzata non aveva ricevuto il vaccino, e il 25 per cento ha avuto bisogno di interventi di supporto vitale, come l’intubazione. Distinguendo per le fasce d’età, i pazienti ricoverati non vaccinati costituivano il 92 e l’87 per cento rispettivamente dei bambini nella fascia d’età 5-11 e 12-18. Il 16 per cento dei bambini ospedalizzati ha avuto complicazioni acute, mentre tra gli adolescenti il tasso di prevalenza di decorsi gravi è stato del 27 per cento. Due pazienti sono deceduti. Gli scienziati hanno quindi stimato che l’efficacia dell’immunizzazione nel prevenire il ricovero è stata del 68 per cento tra i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. Dato che questa fascia di popolazione è stata considerata idonea alla ricezione delle dosi immunizzanti in un periodo successivo, precisano gli esperti, i valori ottenuti non sono sufficienti per valutare separatamente la malattia grave.
Negli gli adolescenti tra i 12 e i 18 anni, la vaccinazione è stata efficace al 92 per cento nel prevenire il ricovero durante la diffusione della variante Delta, e al 40 per cento nel periodo caratterizzato dalla trasmissione della variante Omicron. I tassi di efficacia del vaccino nell’evitare malattie gravi sono stati del 96 e del 79 per cento rispettivamente per Delta e Omicron. La copertura vaccinale in età giovanile è ancora molto bassa, evidenziano gli scienziati. “Speriamo che i nostri risultati – conclude Randolph – possano incoraggiare i genitori a optare per la vaccinazione ai propri figli. I benefici derivanti dall’immunizzazione superano chiaramente i rischi, dato che le infezioni gravi durante l’infanzia possono provocare conseguenze a lungo termine”.
Valentina Di Paola