“Ma quanti soldi crede che gli eredi delle vittime dell’Antonov abbiano ricevuto dall’ex ministero dei Trasporti? Volontariamente neanche uno, in alcuni casi si è arrivati al pignoramento. E in questi 26 anni e mezzo che ci separano dal disastro, lo Stato ce lo siamo sempre trovati dall’altra parte, contro di noi”. Francesco Zerbinati – presidente del comitato delle famiglie delle vittime – ha trascorso quasi metà della sua vita a combattere contro la burocrazia, le compagnie di assicurazione e i ministeri. C’era la sua fidanzata su quell’Antonov della compagnia Romavia che il 13 dicembre 1995 avrebbe dovuto raggiungere Timisoara ma precipitò poco dopo il decollo: nell’impatto morirono i 49 a bordo, passeggeri e membri dell’equipaggio. L’aereo precipitò innanzitutto perché troppo carico, per mancanza di controlli e anche perché le ali non erano state ripulite dal ghiaccio. Adesso la Cassazione ha ordinato che si rifaccia in Corte d’Appello a Venezia il procedimento civile per la riduzione scandalosa del danno subita dagli eredi superstiti di una odissea che li ha visti taglieggiati dalle compagnie di assicurazione, ignorati dallo Stato, costretti ad indebitarsi per sostenere le spese di processi lunghissimi e costosi. “Dopo 26 anni non è giustizia, ma almeno qualcosa si è mosso” spiega Zerbinati.

Dottor Zerbinati, cominciamo dalle inchieste penali.
Nel 2001 la Cassazione ha confermato quattro condanne per le responsabilità della dirigenza dell’aeroporto “Catullo” di Verona e del ministero dei Trasporti. L’aereo era stato fatto partire senza verificare il piano di carico, come facevano anche altri scali italiani. Era decollato con almeno 210 quintali di peso di troppo. Anche per questo, oltre che per la neve e il ghiaccio, è precipitato dopo meno di un minuto. In primo grado erano stati assolti. I risarcimenti erano fissati in separato giudizio.

Quindi la giustizia penale fu veloce, per un caso complesso. Si può dire lo stesso di quella civile?
No. Avevamo già avviato la causa a Verona nel 1997, dopo le richieste di rinvio a giudizio del procuratore Mario Giulio Schinaia. Nove anni dopo, nel 2006, il giudice Ievolella, qualche settimana prima di andare in pensione “scoprì” di non essere lui titolato a decidere e che la competenza era della sede distrettuale di Venezia. A questo “regalino” aggiunse anche la compensazione delle spese tra le parti. Noi vittime sullo stesso piano dei responsabili.

Fino ad allora, quanto vi erano costate le cause?
All’epoca avevamo calcolato di aver speso solo noi italiani oltre i 3 milioni di euro per avvocati, perizie, marche da bollo e spese compensate. Fortunatamente, grazie a Daria Bonfietti, presidente dell’associazione dei parenti delle vittime di Ustica, siamo riusciti a ottenere un milione e 600mila euro per coprire parte delle spese. Equivalevano a 36mila euro per famiglia, ma non era un risarcimento.

Contro chi era la causa?
Inizialmente contro il ministero dei Trasporti, l’aeroporto “Catullo” e la compagnia Romavia. Ma c’è da dire che alcuni dei familiari dopo la prima sentenza penale hanno iniziato ad accettare transazioni, che venivano proposte al 15-20 per cento del valore dei risarcimenti. Inoltre il ministero non aveva una assicurazione e non ha dato nulla di sua volontà. Romavia, attraverso uno studio legale di Roma che rappresentava le compagnie assicurative, ha proposto di pagare il 30 per cento del valore da risarcire, però con il diritto di rivalsa sulle altre compagnie. Sborsavano una parte minima e magari ci guadagnavano pure rifacendosi per la parte mancante.

L’aeroporto però ad un certo punto ha pagato.
Nel 2001, alla vigilia della Cassazione penale, ci propose circa il 60 per cento rispetto alla propria parte di responsabilità, che era del 20 per cento. A quel punto dovemmo accettare, perché le famiglie avevano già speso decine di migliaia di euro a testa per processi e cause. Ma si trattava solo del 12 per cento di tutto il monte dei risarcimenti.

Quindi la causa è continuata a Venezia contro il Ministero, Romavia e le loro assicurazioni?
Con la riassunzione del 2006 la prima sentenza civile arriva nel 2010, 15 anni dopo il disastro. Viene quantificato il danno, ma le assicurazioni non pagano.

Perché?
Il ministero delle Infrastrutture non è nemmeno assicurato. Aspettano che passi il tempo, che la gente si stanchi. Ogni tanto, di solito nei mesi di agosto-settembre, arrivava da parte dei legali delle assicurazioni della compagnia rumena qualche proposta di transazione, ovviamente al ribasso.

Ed eccoci alla seconda sentenza civile.
Nel 2016 i giudici riformano la sentenza in modo a dir poco scioccante. Riducono i 50mila euro di danno non patrimoniale a 20mila euro. E sa perché? Perché il lasso di tempo che permetterebbe il riconoscimento agli eredi del danno da morte riferito alla consapevolezza dell’esito tragico dell’incidente era stato troppo breve, 12 secondi appena. Per i giudici mancava la prova della consapevolezza dei passeggeri dell’imminente catastrofe, quindi ai congiunti spetta solo il risarcimento conseguente alla lesione della possibilità di godere del rapporto parentale.

Adesso la Cassazione vi ridà una speranza di poter ottenere un risarcimento, anche se non sarà mai equo a distanza di così tanto tempo.
Ha ordinato di rifare il processo in appello a Venezia accogliendo i nostri motivi, perché sul calcolo non patrimoniale i giudici hanno fatto un calcolo quasi a forfait, senza accertare le circostanze caso per caso. Pensiamo alla gravità della situazione, e alla vita che hanno avuto, tre fratelli che hanno perso i genitori e un fratellino nell’incidente. La Cassazione ordina di rivedere tutto, anche l’applicazione delle tabelle a punti per i risarcimenti previste dalla Corte d’Appello di Roma, anziché i risarcimenti applicati nel contesto veneto o le tabelle della Corte di Milano.

Alla fine pagheranno?
Lo Stato, che per quasi trent’anni si è sempre avvalso dell’Avvocatura dello Stato, ha dimostrato di non volerlo fare e di battersi ogni volta contro i nostri sacrosanti diritti. Lo stesso pubblico ministero Schinaia lo disse in aula: mi sono trovato contro addirittura lo Stato che rappresento. I familiari che hanno accettato le transazioni, hanno preso addirittura meno dei loro avvocati.

E le istituzioni?
Guardi, alle nostre commemorazioni non ha mai partecipato un rappresentante del Comune di Verona, della Provincia e neppure il governatore Giancarlo Galan, che pure ci aveva promesso di farlo.

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