L’auto elettrica è un “prodotto disruptive” che richiede una “comunicazione virale”, perché è una “scelta strategica” che “elegge clienti ideali alto-spendenti, appassionati di lifestyle e che giocano a padel”. Una pandemia, la recessione latente e la guerra hanno avuto come unico merito quello di privare il vocabolario di alcune abusate espressioni di marketing, ma solo perché diventate nel frattempo politicamente scorrette. L’Europa però è rimasta comunque incagliata nella scelta dell’auto a batteria obbligatoria entro il 2035.
Il Giappone, dove il linguaggio è espressione e non esibizione, invece no. I grandi gruppi del Sol Levante non fanno “fronte unico” in una “offensiva tecnologica” contro la “svolta senza ritorno” delle emissioni zero. Oggi non hanno il peso di uscire dal tunnel della retorica, in cui non sono mai entrati, ma piuttosto rispettano il principio della neutralità tecnologica, della possibilità di offrire un percorso a tappe di contenimento delle emissioni attraverso le soluzioni motoristiche compatibili con la società, con le infrastrutture e con le possibilità economiche dei consumatori.
C’è una forma di progresso a vantaggio della comunità intera, cioè c’è tutto il Giappone nei rapporti con cui Toyota ha legato a sé Suzuki, Subaru e Mazda attorno alla scelta dell’ibrido preparando l’elettrico di massa. Lo stesso ruolo che Nissan svolge nell’Alleanza con Mitsubishi e Renault.
La stessa importanza che sta mettendo ora Honda nel suo percorso di elettrificazione, assai poco “disruptive”, ma appunto progressivo, logico. Investirà 37 miliardi di euro nei prossimi 10 anni per lo sviluppo e la produzione di 2 milioni di vetture con motore elettrico all’anno, da qui al 2030. In ballo almeno 30 modelli che andranno ad integrarsi con quelli realizzati su piattaforma ibrida e:Hev, sigla che già oggi significa la prevalenza alla componente elettrica su quella del motore termico.
Cosa Honda voglia realizzare è prevedibile. Costruire, a prescindere da come il futuro andrà interpretato, tessendo collaborazioni non “virali”, ma sensate. Nel marzo scorso, ha firmato un accordo con il colosso della tecnologia Sony per la nascita di una nuova azienda e dunque ad un inedito marchio automobilistico, già entro la fine del 2022, destinato a realizzare modelli che abbiano come elemento distintivo la connessione e i servizi in rete.
Nei giorni scorsi è arrivato l’annuncio di una collaborazione con la statunitense General Motors per la nascita di un progetto che metta in comune le sue capacità industriali in Nord America. Nel frattempo, c’è un’altra rivoluzione in corso, giocata con un nuovo corso di design che avvicina molto la tecnologia al buon gusto dell’auto. Lo racconta già lo urban suv di successo HR-V, il primo del nuovo corso, ma il piano di crescita in Europa prevede nel 2023 l’arrivo di un ulteriore sport utility compatto elettrico e soprattutto di un crossover grande a trazione ibrida, accompagnati dal debutto del rinnovato CR-V, un best seller che vedremo anche con motorizzazione plug-in hybrid.
Nel frattempo, arriva anche la risposta concretissima alla retorica dei “clienti ideali alto spendenti. Honda fa letteralmente rinascere la sua Civic, ovvero il modello che dal 1972 è stato venduto in 170 paesi e 27,5 milioni di esemplari. L’undicesima generazione di quella che era una utilitaria, cresciuta poi al rango di media compatta, oggi si guadagna un futuro da berlina sportiva a due volumi e mezzo, ma resta rigorosamente un prodotto pensato per tutti i mercati mondiali, alla portata di molti e con un design che piace oggettivamente di più.
Cofano imponente e montanti sottili, linee curve che prendono il posto del trionfo di spigoli a cui ci aveva abituato Honda, e poi tratti di una eleganza sportiva in una carrozzeria lunga 455 cm e larga 180, con tanto senso nel disegnare la linea di cintura che accompagna le fiancate verso una coda avvolgente che in Europa piacerà. “Ambizioni da auto premium” è un’altra delle espressioni parcheggiate in doppia fila sulle vie del marketing. Civic 11.ma generazione è più concretamente una Honda ben costruita, con gli opportuni sensi di colpa di una azienda convinta negli scorsi anni che disegnare vetture e abitacoli in stile fumettista-futurista fosse utile per distinguersi.
Oggi torna in campo la sana tradizione giapponese in un interno lineare, con finiture di qualità una multimedialità che non invade ma lascia spazio per la guida. C’è soprattutto l’idea di un manifesto del possibile, con la scelta esclusiva di una motorizzazione ibrida e:Hev con propulsore elettrico abbinato ad un 2.0 litri a benzina ad iniezione diretta e ciclo Atkinson.In attesa del prezzoe del debutto ufficiale a giugno, tra i pochi dati dichiarati troviamo la potenza complessiva del sistema di 184 Cv, ma soprattutto di emissioni a quota 110 grammi ogni mille metri e un consumo medio nell’ordine dei 5 litri di benzina ogni 100 Km, ottenuto oggi da una vettura ibrida e vera, che si preannuncia divertente da guidare. Mentre il cliente ideale dell’auto elettrica aspetta, giocando a a padel.