Posso dire che odio, letteralmente odio, le parole “sostenibile”, “resiliente”, e quante altre lo sviluppo si sia appiccicato addosso pur di giustificare un trend di crescita, di espansione che ha le medesime, identiche caratteristiche di quello che abbiamo sempre conosciuto nella nostra vita?
L’ultimo esempio – forse più clamoroso di altri, se non altro per il proprio gigantismo – è il Pnrr, ossia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, figlio di quel Fondo per la ripresa europeo, che assegna all’Italia 191,5 miliardi (70 in sovvenzioni a fondo perduto e 121 in prestiti). Fondo che afferma che: “La transizione verde dovrebbe essere sostenuta da riforme e investimenti in tecnologie e capacità verdi, tra cui la biodiversità, l’efficienza energetica, la ristrutturazione degli edifici e l’economia circolare, contribuendo al tempo stesso al raggiungimento degli obiettivi climatici dell’Unione, promuovendo la crescita sostenibile, creando posti di lavoro e preservando la sicurezza energetica”.
Vediamo solo alcuni esempi di come il nostro governo intende interpretare, tradurre in pratica questa transizione. Ripeto, sono solo alcuni esempi che conosco, chissà quanto mi sfugge. Cominciamo con l’Alta Velocità ferroviaria, che viene spacciata per sostenibile solo perché in teoria convincerebbe la gente a non usare l’automobile. Nelle analisi costi-benefici effettuate dalla stesse Ferrovie (!) nessun accenno all’impatto sul territorio e l’ambiente che le nuove linee causeranno. Al riguardo si legga l’articolo di Dario Balotta del 3 aprile scorso su queste pagine.
E quando non è AV, ma “semplice” raddoppio di linea esistente, i progetti sono faraonici per far lavorare i soliti noti che si aggiudicheranno gli appalti, come accade in Sicilia che il raddoppio fuori sede della Catania-Palermo prevede circa cinquanta chilometri di gallerie!
Passiamo alla transizione energetica. Bene, la procedura accelerata per realizzare nuovi impianti nulla dice sulla necessità di preservare i suoli agricoli, ed anzi il D.L. 17/2022 prevede addirittura che sui progetti l’autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio ma non già vincolante. Alla faccia della tutela del paesaggio di cui al famoso art. 9 della Costituzione, recentemente novellato.
Ma ecco che sempre di recente abbiamo un altro fulgido esempio pratico di cosa il nostro governo intenda per transizione, ossia la nuova caserma che verrà realizzata appunto con euro del Pnrr nel Parco di San Rossore: settanta ettari di area protetta per realizzare una pista per atterraggio per elicotteri, 18 villette a schiera, 2 poligoni di tiro, caserme, infrastrutture di addestramento, magazzini, uffici, laboratori, mensa, infermeria, officine e un autolavaggio. Il presidente dell’area protetta non è neppure stato interpellato in quanto il tutto costituisce “opera destinata alla difesa nazionale” e pertanto gode di una speciale procedura accelerata di approvazione.
A proposito, l’approvazione ha creato malumori nel Pd, mentre il M5S evidentemente è ancora in letargo. Sono solo, dicevo, alcuni esempi, di come si intenda la transizione ecologica, e ricordano molto il modus operandi del nostro legislatore che ha spesso la faccia tosta di indicare nei preamboli delle leggi degli scopi che fanno a pugni con l’articolato delle norme stesse. L’importante da noi sembra salvare la forma.
Chiudo con una nota che suscita buonumore. Qualche giorno fa leggo un articolo de La Stampa in cui ci si esalta per nuove opere stradali da realizzare nel già martoriato Piemonte, e noto che il testo indica nella fonte del finanziamento il Cipess. Mi domando cosa sia, visto che io conosco solo il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica. Vado a vedere e mi accorgo che il CIPE non esiste più, gli hanno cambiato nome, ora si chiama: Comitato interministeriale per la Programmazione economica e lo Sviluppo Sostenibile! Davvero formidabili questi politici.