Sono 17.657 gli studenti ucraini nelle nostre scuole ad oggi. Per loro si è attivata una straordinaria macchina della solidarietà: ogni preside, ogni maestro o professore ha fatto tutto il possibile per accogliere nel migliore dei modi i bambini fuggiti dalle bombe. Anche il ministero dell’Istruzione si è dato subito da fare mettendo a disposizione 1 milione di euro per il sostegno di questi ragazzi. Due gli interventi messi in campo: lo psicologo e i mediatori linguistici. Ma proprio su questi punti non sono mancate le difficoltà. I mediatori linguistici che parlano la lingua dei bambini non si trovano. Non è facile avere nelle comunità delle figure professionali che sappiano l’idioma usato in Ucraina.

La soluzione è arrivata dai dirigenti scolastici: c’è chi ha coinvolto le badanti ucraine già presenti nei paesi e chi ha chiesto alle mamme arrivate con i bambini (che magari conoscono un po’ l’italiano) di restare in classe per dare una mano alle maestre. Altro tema quello dello psicologo. A sollevarlo è il dirigente dell’istituto di Lozzo Atestino: “Se i bambini non parlano italiano lo psicologo come fa a dialogare con loro? Non si è pensato che un sostegno di questo tipo passa attraverso la conoscenza dell’alunno, la narrazione delle sue emozioni. A questo punto servirebbe un mediatore per lo psicologo”.

Intanto secondo gli ultimi aggiornamenti del Ministero dell’interno, le persone in fuga dal conflitto in Ucraina giunte in Italia sono 91.137, di cui 33.796 minori. Dei 17.657, 3.728 bambini sono nella scuola dell’infanzia; 8.196 nella primaria; 4.203 ragazzi nella secondaria di primo grado e 1.530 in quella di secondo grado. Il 45% degli studenti profughi frequenta le scuole di Lombardia (22%), Emilia-Romagna (12%) e Campania (11%). Ma siamo di fronte ad una situazione che è in continua evoluzione.

Tra i problemi che i presidi si trovano ad affrontare c’è quello dei fondi. La nota ministeriale del 4 marzo firmata dal capo dipartimento Stefano Versari, spiegava chiaramente che i soldi sarebbero serviti “per sostenere i costi della mediazione linguistica e culturale, nonché le necessità correlate all’accoglienza scolare e all’alfabetizzazione degli studenti in arrivo dall’Ucraina”. Per molti presidi, tuttavia, non è così. D’Ambrosio che ha accolto una decina di alunni ucraini ci dice di non avere un centesimo di euro per i mediatori linguistici: “Noi abbiamo coinvolto le mamme dei ragazzi che sono arrivati. Sono una risorsa preziosa ma non abbiamo soldi da dare loro”. Così Vania Lato, del Vico de Carolis di Taranto: “Non ho ancora studenti che arrivano dall’Ucraina ma se dovessero arrivare non avrei alcun finanziamento per i mediatori ma solo per gli psicologi”.

Diverso il racconto di Giacomo Vescovini che è a capo di un istituto comprensivo in Emilia Romagna: “Ho due scuole: a Fornovo ho avuto circa duemila euro e a Fontanellato 2800 euro che mi servono sia per i mediatori che per lo psicologo. La nostra difficoltà è legata al fatto di trovare chi viene in classe sapendo la lingua dei ragazzi”. Anche Daniele Barca, dirigente dell’istituto Mattarella di Modena sta affrontando la situazione con serenità: “Per lo psicologo è arrivata una quota che è stata assegnata in base al numero degli alunni. Per i mediatori dobbiamo capire bene la loro funzione: se devono restare tutto il tempo che l’alunno sta a scuola è impossibile avere i soldi per coprire tutte queste ore ma non ha nemmeno senso che stiano a fianco dei bambini per sei ore al giorno. L’inclusione, anche linguistica, avviene anche attraverso la socialità”.

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