La sessuologia è una disciplina scientifica in continua evoluzione, sempre più attenta alla complessità della sessualità umana grazie alle numerose e importanti scoperte scientifiche, frutto di un costante lavoro congiunto e integrato svolto da ricercatori e clinici provenienti da tutto il mondo. Il numero di pazienti che arriva negli studi dei sessuologi clinici o che viene inviato da altri professionisti sanitari è sempre più alto, indice del fatto che l’opinione pubblica e le diverse figure sanitarie sono sempre più sensibili e attente al benessere sessuale. Indubbie sono le rilevanti scoperte scientifiche compiute nell’ambito della sessualità umana, gli innumerevoli e costanti contributi scientifici presentati annualmente a convegni nazionali e internazionali, gli interventi clinici ed educativi svolti in diversi contesti territoriali – come strutture ospedaliere, scuole – e in forme diverse – per esempio campagne pubblicitarie, eventi di sensibilizzazione.

Tuttavia questo post, diversamente dai soliti pubblicati, si focalizza su un tema più che mai attuale che coinvolge e talvolta mina l’impegno e il duro lavoro che sono nel background di una preparazione e diffusione consapevole, scientifica e autentica della sessuologia scientifica. Sì, perché la sessualità dell’essere umano è unica ed estremamente complessa e, in quanto tale, necessita di una comprensione che non può prescindere da anni e anni di studio, fatiche, impegno e, sì, anche investimento economico. Per diventare sessuologo clinico, quindi, per fortuna o per sfortuna, non basta un attestato preso senza un’adeguata preparazione: dietro questa figura si nascondono almeno una decina d’anni di formazione tra lauree di ordinamento e corsi ad hoc e un costante aggiornamento quotidiano sulle ultime scoperte e innovazioni.

Pur riconoscendo l’enorme potenziale della comunicazione accade però sempre più spesso di navigare sui social media tra altre figure di dubbia formazione che diffondono informazioni relative alla sessualità umana intrise di stereotipi sessuali, confermando ancora una volta quanto la cultura della “sessualità performante” sia insita nella nostra società. Il sessuologo clinico, così, si ritrova spesso a provare il cosiddetto “mal di mare” nell’immenso social ocean che “offre” consigli su come effettuare determinate pratiche sessuali, un linguaggio molto performativo e poco incentrato sul reale benessere della persona, l’edulcorazione dei nomi dei genitali maschili e femminili, l’esaltazione del sesso penetrativo e messaggi di una sessualità vissuta solo da chi è “bello”, “giovane” e “sano”.

Fa sicuramente piacere che l’interesse verso la sessualità umana sia sempre più vivo e sentito sui social media, ma la sessuologia è un’altra cosa e merita, come altre discipline, di essere rispettata e diffusa da chi ne ha le competenze! Questo è un invito rivolto sia agli utenti per metterli al riparo da “truffe” non necessariamente economiche ma concettuali, sia alla miriade di “guru sessuali”, pieni di follower e dai profili con contenuti altamente discutibili. È comprensibile che i loro profili abbiano molti seguaci: parlano di sessualità – un tema che, seppure meno di qualche anno fa, ancora è percepito come un tabù -, sanno comunicare un determinato argomento, mirano alla pancia di tante persone che, inconsapevolmente, apprezzano e seguono contenuti che non sanno essere lanciati da figure non preparate adeguatamente.

Questo non significa che fare informazione su temi relativi alla sessualità sia sbagliato, ma che diffondere informazioni errate presentandosi al tempo stesso come “esperti/professionisti del sesso” con alle spalle certificazioni di dubbia preparazione, provenienza e nomenclatura sia pericoloso per gli utenti e per tutti quei sessuologi clinici, educatori e consulenti sessuali che svolgono quotidianamente il proprio lavoro di promozione di una sessualità consapevole e positiva.

Dunque sarebbe doveroso che di sessualità se ne parli in modo scientifico, attendibile e con alle spalle una reale conoscenza e preparazione sui temi altrimenti si rischia di gettare l’utente in pasto a una cattiva informazione. Si tenga ben presente che l’educazione sessuale non è una guida pratica a come fare meglio sesso, la consulenza e/o la terapia sessuale non sono un aiuto sotto le coperte, le mansioni non sono “consigli da amici” e la psicosessuologia non è “superare l’ansia per farlo diventare duro”.

Ben vengano gli educatori, i counselor, gli psicosessuologi e, perché no, anche i sex coach, ma solo se il loro intervento è mirato a incrementare il benessere della persona, secondo un metodo condiviso, scientifico, non prestazionale, non giudicante e comprensivo della sessualità in ogni suo aspetto. A tutti gli utenti che necessitano di informazioni e/o consulenze in materia sessuologica, rivolgetevi a professionisti con adeguata preparazione, come psicologi, psicoterapeuti e medici con formazione in sessuologia clinica, educazione e consulenza sessuale. A tal proposito, c’è un albo al quale si può fare riferimento, ossia l’albo della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica (Fiss), che orienta l’utente a individuare un professionista che opera nella propria zona e con una formazione condivisa dalla comunità scientifica e clinica.

Ringrazio per la collaborazione il dr. Matteo Agostini

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