Emmanuel Macron è in crescita nei sondaggi rispetto a Marine Le Pen, ma non basta per dichiarare chiusa la partita. Quando mancano meno di 5 giorni al secondo turno delle elezioni presidenziali francesi, si moltiplicano gli appelli da sinistra per chiedere agli elettori di andare alle urne: “Non votare è pericoloso, anche se detestiamo quanto fatto dal presidente uscente durante il suo mandato”, recita l’appello di un gruppo di intellettuali di sinistra pubblicato nelle ultime ore su Politis.fr. Quattro giorni fa era stato il turno di 500 esponenti del mondo della cultura (Marc Lévy, Guillaume Canet, Jeanne Balibar, Charlotte Gainsbourg), mentre poco prima erano stati 50 sportivi a firmare un editoriale per chiedere di fare argine contro l’estrema destra (Marie-José Pérec, Antoine Dupont, Laure Manaudou, Tony Parker). Secondo l’ultima rivelazione di Ispos France, Macron segna un +0,5% e raggiunge il 56% dei consensi contro il 44 di Le Pen (-0,5%). Ma è lontano dal 59% toccato a marzo scorso. Il timore a sinistra è che, nonostante il vantaggio del presidente uscente, non tutti i voti raccolti dal leader della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon (22%) si dirotteranno sul leader considerato meno a destra. Insomma, a poche ore dal primo dibattito televisivo tra i due sfidanti (e l’unico di Macron in questa campagna elettorale) la tensione rimane molto alta.
????????????️ Rolling @IpsosFrance pour @franceinfo et @le_Parisien :
???? Macron 56,5%, +0,5
⚫ Le Pen 43,5%, -0,5 pic.twitter.com/aPCknwFi7w— mathieu gallard (@mathieugallard) April 19, 2022
Esiste ancora un fronte repubblicano contro Le Pen? – Sono giorni decisivi. E gli occhi sono puntati sulla mobilitazione del mondo della sinistra perché da quello possono dipendere le sorti dei candidati al secondo turno. La situazione è molto diversa dal 2002 e 2017, le altre due volte in cui l’estrema destra è arrivata al ballottaggio con un suo candidato. Nel primo caso la sorpresa Jean-Marie Le Pen aveva lasciato sotto choc il Paese e a pochi giorni dal voto più di un milione e mezzo di persone avevano riempito piazze e strade di Francia: c’erano i partiti politici, le associazioni e i sindacati. E quelle mobilitazioni furono fondamentali. Sabato scorso si è tentato di organizzare qualcosa di simile, ma i numeri non sono neanche lontanamente paragonabili. Nel 2017, la situazione era ancora diversa: Marine Le Pen sfidava Emmanuel Macron che, nonostante le perplessità a sinistra, rappresentava comunque il “nuovo” e riuscì a vincere senza troppe preoccupazioni. In quel momento, vedere l’estrema destra all’Eliseo sembrava a dir poco impossibile. Questo secondo turno elettorale invece, fa i conti con un’estrema destra che mai come ora era stata così forte. Senza contare che Macron è fortemente connotato come “il presidente dei ricchi” o meglio “delle élite” e questo lo rende indigeribile per fasce trasversali di elettori. Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato da Les Echos, Macron riuscirebbe a intercettare il 40% dei voti di Mélenchon contro il 26% della Le Pen. Macron avrebbe dalla sua parte anche il 61% dell’elettorato della candidata repubblicana Valerie Pécresse (contro il 21%), ma solo il 9% di coloro che hanno votato per il candidato di estrema destra Eric Zemmour, con l’84% di loro che preferirebbe votare la leader del Rassemblement National. L’impressione generale è che sia molto difficile mobilitare molti degli elettori delusi dalla politica di Macron. “Il fronte repubblicano non funziona più”, si legge in un’editoriale di William Leday pubblicato nelle scorse ore su Le Monde. L’analisi è molto severa, ma racconta molto bene il clima che si respira in Francia in queste ore.
Gli appelli di sportivi, intellettuali e giornalisti – Ecco perché il mondo della cultura e non solo cerca di mobilitarsi e di farlo prima che sia troppo tardi. Tra i primi a esporsi ci sono stati gli sportivi. Cinquanta atleti che, in un manifesto pubblicato da Franceinfo e Le Parisien, si sono schierati apertamente contro Marine Le Pen: “Noi, sportivi francesi di tutti i ceti sociali e di tutte le discipline, non possiamo immaginare che le Olimpiadi del 2024″, che si terranno in Francia, “siano segnate da una presidenza di estrema destra”, si legge nel testo firmato da alcuni dei campiono francesi. “Se siamo pienamente consapevoli delle difficoltà che molti francesi stanno attraversando, siamo convinti che votare per un partito che mette in pericolo i valori repubblicani sarebbe il peggior rimedio”. E ancora: “Lo sport in cui crediamo, lo sport dei valori olimpici, è fatto di amicizia e rispetto; è un luogo di diversità. Rifiuta ogni forma di discriminazione”.
Poi ci sono state le 500 personalità del mondo della cultura che hanno diffuso un testo all’agenzia Afp: “Non c’è alcuna esitazione, nessun dubbio, nessuna oscillazione: noi non mettiamo sullo stesso piano democrazia e populismo”, scrivono tra gli altri Jane Birkin, Fabrice Luchini, Juliette Binoche. “Nulla nel programma di Marine Le Pen ci avvicina alla storia della Francia della resistenza, della Francia umanista, generosa e aperta al mondo. Domani, non osiamo immaginare cosa diventerebbe la cultura nel nostro Paese se lei fosse eletta. Non possiamo immaginare, alla guida della Francia, una candidata il cui programma resta quello della xenofobia e della chiusura, una candidata che si è alleata con potenze totalitarie e belliche”.
Martedì 19 aprile a mobilitarsi sono stati professori universitari, ricercatori e studiosi del mondo della sinistra (ad esempio Sarah Mazouz, Ugo Palheta, Sylvie Tissot). In un lungo testo diffuso su Politis.fr, si rivolgono in particolare a tutti coloro che, a sinistra, sono tentati dall’astensione. “In forme diverse, l’idea di astenersi, di non poter o voler votare per Macron una seconda volta, di non voler bloccare il Rassemblement National si sta diffondendo ampiamente”, si legge. “Riteniamo che quest’ultima posizione sia molto pericolosa e che sia imperativo votare contro Le Pen. Naturalmente, detestiamo profondamente le politiche portate avanti durante il mandato di Emmanuel Macron; in breve, una politica contro le classi lavoratrici e gli oppressi, contro lo stato sociale e contro qualsiasi idea di solidarietà”. E continuano: “Tuttavia, dobbiamo distinguere tra fascismo puro e fascistizzazione: non possiamo lasciarci ingannare dalla de-demonizzazione del Rassemblement National, che molti media e parte della classe politica stanno contribuendo ad accreditare dando libero sfogo a discorsi razzisti e nazionalisti”. Quindi, concludono: “L’astensione a sinistra non servirà affatto a esprimere una legittima insoddisfazione nei confronti di Emmanuel Macron e del suo governo, ma potrebbe consentire al Rassemblement National di insediarsi stabilmente nell’apparato statale”.
Il dilemma agita in tanti. Così come ha ammesso il direttore di Mediapart, Edwy Plenel. Nel suo editoriale dal titolo “Votare con dolore per scongiurare la paura”, evoca la favola di Esopo sul bambino che gridava sempre “al lupo” e al quale nessuno poi credeva più. E così Macron, scrive Penel, è come quel bugiardo a cui non si può più credere. “Quando, per la terza volta dopo il 2002 e il 2017, la minaccia del lupo diventa ancora più grave, questo pastore ti fa venir voglia di fuggire dal voto, qualunque sia il pericolo per il gregge. Solo che questa mandria non è sua ma nostra. È il nostro bene comune: l’uguaglianza senza distinzione di origine, condizione, nascita, credo, aspetto, sesso, genere…”. Perché “farsi ingannare dal recente travestimento” di Marine Le Pen “da amante dei gatti, da buona amica e da pacifica giardiniera, fino al punto di far entrare il lupo neofascista nell’ovile democratico, è accettare un punto di non ritorno“. Quindi Plenel invoca “un voto contro di lei e certamente non per lui”. Ovvero contro Le Pen e non certo per Macron. Quindi “un voto di ragione, non di passione. Nelle questioni elettorali, l’emozione non è una buona consigliera”. Intanto Paul Quinio su Libération accompagna con un editoriale un lungo fact checking sul programma di Le Pen che da mesi cerca di mostrarsi con un volto moderato: “L’arte dell’inganno ha i suoi limiti“, scrive. E “le radici di Marine Le Pen nell’estrema destra non sono fittizie, ma una realtà rivendicata che lei avrebbe preferito lasciare sottotraccia”. Insomma, il messaggio è chiaro: a sinistra il terrore è che troppi elettori ritengano inutile il loro voto e che disertino le urne. Indifferenti al risultato, nonostante tutto.