I giornali spagnoli hanno scelto vocaboli molto diversi per descrivere lo stesso episodio. I più generosi hanno raccontato di una “sonora bocciatura”. I più realisti hanno preferito parlare di “pioggia colossale di fischi” o di “linciaggio pubblico”. È successo tutto durante la partita fra Real Madrid e Getafe di sabato 9 aprile. Al minuto numero 74, con il risultato già abbondantemente in ghiaccio, Carlo Ancelotti ha deciso di richiamare in panchina Karim Benzema. C’era pur sempre un ritorno dei quarti di finale di Champions League contro il Chelsea da giocare. Servivano forze fresche, giocatori al massimo della loro condizione. Eppure la mossa dell’allenatore ha finito per scontentare tutti. Nel vero senso della parola. E non tanto per chi è stato chiamato a lasciare il campo, ma per chi è stato buttato dentro: Gareth Bale è tornato a calpestare l’erba verde del Santiago Bernabéu dopo 773 giorni. Che poi sono 26 mesi. Ossia più di due anni.
La sua ultima volta era stata il 26 febbraio 2020, negli ottavi di finale di Champions contro il Manchester City. Da allora è successo praticamente di tutto. Infortuni assortiti, un trascurabilissimo trasferimento in prestito al Tottenham, il confinamento ai margini della rosa prima con Zidane e poi con Ancelotti. Il problema, però, è stato soprattutto un altro. Perché l’ammirazione sconfinata da parte dei tifosi è degradata velocemente in astio feroce. Sabato il pubblico di Bernabéu ha deciso di dimostrarlo di nuovo. Ogni volta che Bale toccava il pallone, giù gragnolate di fischi. Ogni volta che la sfera si avvicinava ai suoi piedi, giù una pioggia di insulti. Uno strazio che non si è protratto troppo a lungo. Il gallese ha completato con successo quattro passaggi, ne ha sbagliato uno, ha tentato due dribbling e ha tirato un volta. E basta. Fino a quando è stato in campo ha risposto ai tifosi ostentando un sorriso così largo da diventare surreale. Poi dopo il fischio finale ha imboccato il tunnel degli spogliatoi senza neanche accennare un saluto.
È la cristallizzazione di un ossimoro. Il calciatore che è stato determinante in due finali di Champions League vinte dal Real Madrid è diventato zimbello. Colpa di un presente che non è più coerente con il passato, di una grandezza ostentata che è evaporata nel giro di qualche anno. Bale e il Real sono ostaggi uno dell’altro, incatenati insieme da un contratto da 18 milioni di euro a stagione la cui scadenza, fissata il prossimo 30 giugno, ha il sapore di una vera e propria liberazione. Per il club, per i tifosi, per il giocatore. Il gallese a Madrid non corre più, si trascina verso un futuro diventato incerto. Qualcuno afferma che stia pensando al ritiro, altri che sarebbe disposto ad andare a giocare addirittura in Championship, allo Swansea. Il campione si è liquefatto, lasciando spazio a un uomo ricchissimo costretto a fare economia sui propri sogni, un carcerato che conta i giorni che lo separano dall’addio alla patria galera.
Bale è arrivato al Real Madrid nell’estate del 2013. Per più di cento milioni di euro. L’acquisto più costoso della storia del calcio, anche se solo per qualche anno. Una cifra che gli si è tatuata addosso, che ha finito per contenere un giudizio. Perché le aspettative erano altissime. E mantenerle sarebbe stato difficile per chiunque. La storia del gallese con la Casa Blanca è fatta di amore. Ma anche di repulsione. Più il suo rendimento calava, più il suo fisico veniva addentato dall’obsolescenza, più Bale si ritrovava sotto assedio. Il bersaglio perfetto per la stampa. Le cose sono precipitate nel 2019, quando Zidane prima lo ha lasciato in panchina durante l’ultima giornata della Liga e poi si è presentato davanti ai microfoni dicendo: “Non lo avrei fatto entrare neanche se avessi avuto il quarto cambio”. Una frase polemica alla quale ha fatto seguito una risposta sgradevole. “Ho altri 3 anni di contratto – ha detto il gallese – Se vogliono che me ne vada, qualcuno mi deve dare 17 milioni netti a stagione. Altrimenti rimango qui, anche a giocare a golf“. Poco dopo Predrag Mijatovic aveva spiegato ad AS: “Penso che Bale sia una persona strana“. E ancora: “Non ho mai parlato con lui, ma dimostra di pensare prima al Galles, poi al golf e solo dopo al Real Madrid”.
Sembra un affondo, invece è un assist. Quattro giorni già tardi il Galles ha battuto l’Ungheria e ha staccato il biglietto per Euro 2020. Bale ha esultato a modo suo: con una bandiera dove c’era scritto: “Galles. Golf. Real Madrid. In questo ordine preciso”. Una dichiarazione di guerra che lo ha trasformato in un corpo estraneo e in un capro espiatorio. Le cose però sono precipitate meno di un mese fa, quando il calciatore ha saltato il Clasico contro il Barcellona per infortunio ma ha risposto alla convocazione della sua Nazionale. Segnando anche due gol nello spareggio Mondiale contro l’Austria. I tifosi lo hanno soprannominato “Zecca”. Marca, invece, lo ha definito “un parassita che succhia i soldi del Real Madrid”. Una rampogna infinita che ha fatto andare il calciatore su tutte le furie. “La pressione quotidiana sugli atleti è immensa – ha risposto Bale – ed è chiaro come l’attenzione negativa dei media possa spingere nel baratro un atleta già sotto stress o una qualsiasi persona già nell’occhio del ciclone”. Ora l’ex fenomeno sta vivendo i suoi ultimi giorni da comune mortale in uno spogliatoio imbottito di divinità del calcio. Una via crucis fatta di sei partite di campionato e un numero ancora variabile di match di coppa. Poi sarà finalmente libero di cercare altrove la sua felicità. Sono gli ultimi giorni di pazienza per un ex fenomeno che a Madrid è diventato come Alex, il protagonista di Jack Frusciante è uscito dal gruppo: “Inutile e triste come la birra senz’alcool“.