Il Fondo monetario internazionale rivede al ribasso di 0,8 punti, al 3,6%, le stime sulla crescita globale del pil 2022 per effetto dell’aumento dei prezzi delle materie prime ulteriormente spinti dalla guerra in Ucraina. Per l’Italia il taglio è più corposo: 1,5 punti in meno, a +2,3% (contro il +3,1% stimato dal governo nel Def). Frena anche il resto della Ue: stando al nuovo World economic outlook il pil tedesco crescerà quest’anno del 2,1%, 1,7 punti in meno rispetto alle previsioni di gennaio, l’economia francese segnerà +2,9% (-0,6) e quella spagnola +2,4% (-0,9). Per tutta l’Eurozona ci sono “rischi al ribasso” ma non viene attualmente prevista una recessione. Per la Gran Bretagna il taglio è stato di un punto percentuale al 3,7% quest’anno e di 1,1 punti all’1,2% per il 2023.
“La guerra si aggiunge alla serie di shock che hanno colpito l’economia globale negli ultimi anni. Come le onde sismiche, i suoi effetti si propagheranno in lungo e in largo, attraverso i mercati delle materie prime, il commercio e i collegamenti finanziari”, ha commentato il capo economista del Fondo Pierre-Olivier Gourinchas. “La Russia è un importante fornitore di petrolio, gas e metalli e, insieme all’Ucraina, di grano e mais. La riduzione dell’offerta di queste materie prime ha fatto salire notevolmente i loro prezzi. I più colpiti sono i Paesi importatori di materie prime in Europa, Caucaso e Asia centrale, Medio Oriente e Nord Africa e Africa subsahariana. Ma l’impennata dei prezzi di cibo e carburante danneggerà le famiglie a basso reddito a livello globale, comprese le Americhe e il resto dell’Asia”.
Per i due paesi direttamente coinvolti nella guerra le conseguenze negative saranno ovviamente più pesanti: il Fondo prevede un calo dell’8,5% del pil della Russia mentre per l’Ucraina il dato è di -35%, anche se – si precisa – è una stima decisamente incerta, perché legata all’evoluzione del conflitto e al momento è “impossibile ottenere misure precise dei danno all’economia ucraina”. Ma “anche se la guerra dovesse finire presto, la perdita di vite umane, la distruzione del capitale fisico e la fuga di cittadini peseranno notevolmente sull’attività economica per molti anni a venire”. Per la Russia, invece, le ricadute sono legate alle restrizioni al commercio e alle sanzioni internazionali: se le misure finanziarie limitano l’attività delle banche, l’uscita dal mercato russo di molte aziende straniere impatta su molti settori, con forti ricadute produttive. Il calo della fiducia porterà poi a una significativa riduzione di consumi e investimenti dei privati “solo parzialmente compensata dalla spesa fiscale” in netto aumento.
Il Fondo prevede che l’inflazione rimanga elevata più a lungo rispetto alle previsioni di gennaio: per il 2022 è prevista al 5,7% nelle economie avanzate e all’8,7 nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo. Si tratta di 1,8 e 2,8 punti percentuali in più rispetto a quanto previsto a gennaio. Le banche centrali devono agire in modo deciso per contrastarla, secondo il Fmi. Per quelle nelle economie avanzate una “comunicazione chiara è essenziale per evitare una non necessaria volatilità sui mercati finanziari”, afferma Tobias Adrian, responsabile del Global Financial Stability Report del Fmi. “Gli sforzi multilaterali per rispondere alla crisi umanitaria, prevenire un’ulteriore frammentazione economica, mantenere la liquidità globale, gestire l’angoscia del debito, affrontare il cambiamento climatico e porre fine alla pandemia sono essenziali”, chiosa l’istituzione di Washington.