Ventisette giovani disabili con i loro accompagnatori obbligati a rinunciare ai posti loro riservati in treno possono rappresentare un efficace affresco dei tempi. Provate ad immaginare lo sgomento e l’incredulità di una scolaresca che, in silenzio e gioco forza, è obbligata a scendere da un treno del civile ed evoluto settentrione d’Italia, per stazionare su una panchina in attesa di un’altra possibilità di viaggio.

Succede in Italia, anzi è successo poche ore fa in Italia.

Nel nostro Paese accadono tutti i giorni – e in tutte le coordinate geografiche – intollerabili episodi di violenza a danno dei disabili. In silenzio per lo più, celati dietro la ipocrisia borghese che avvolge tutto e tutti. La stessa ipocrisia che non ci fa commuovere allo stesso modo se un povero che muore di fame e di freddo ha la pelle bianca o quella di un altro colore. Per i disabili non c’è mai un dubbio, sono sempre esclusi perché disabili.

Ed allora smettiamola di lamentarci o di stracciarci le vesti se degli umani normodotati hanno trovato ragionevole occupare dei posti a cui non avevano diritto. In fondo sono una magnifica e putrida rappresentazione di un mondo capovolto. Troppo spesso negli ultimi tempi mi capita di vergognarmi di appartenere a questa strana specie animale. Che non riconosce la debolezza come un valore ma solo la stupidità della forza come regola di vita.

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“I 27 cacciati dal treno a Genova meritano rispetto in quanto passeggeri che avevano pagato un servizio e non solo perché disabili”

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