Mentre i litigi nella maggioranza rallentano l’azione di governo su diversi fronti cruciali ai fini della realizzazione del Piano di ripresa e resilienza, l’Ufficio parlamentare di bilancio attesta che lo scorso anno le risorse effettivamente spese sono state solo un terzo rispetto alla cifra prevista. Una partenza lentissima che è stata mascherata dal maxi rimbalzo del pil trainato dai bonus edilizi ma diventa preoccupante ora che inflazione e guerra in Ucraina affossano le prospettive di crescita per il 2022. Non a caso la ricognizione dell’Upb è contenuta nel testo dell’audizione della nuova presidente Lilia Cavallari sul Documento di economia e finanza del governo, le cui stime sul pil di quest’anno sono state validate sul filo del rasoio sottolineando che si collocano “al limite dell’intervallo di accettazione” e “l’esercizio di valutazione, condotto in larga parte sulla base delle informazioni disponibili nel mese di marzo, sconta l’estrema incertezza che circonda in questa fase le previsioni in relazione al contesto geopolitico ed economico internazionale e alla congiuntura interna. Un’incertezza accresciuta nelle settimane più recenti”.
Nell’affrontare il quadro tendenziale di finanza pubblica, Cavallari ha evidenziato che nel 2021 il rapporto deficit/pil si è fermato al 7,2%, valore straordinariamente alto rispetto ai paletti di Maasticht in vigore prima della pandemia ma molto più basso rispetto al 9,6% del 2020 e al 9,4% attesto nel Documento programmatico di bilancio dell’ottobre scorso. Il risultato “è derivato soprattutto da maggiori entrate per 1,5 punti percentuali di PIL (+26,1 miliardi) e per i rimanenti 0,7 punti percentuali da minori spese (-11,9 miliardi complessivi; -14,3 miliardi di spesa primaria). In entrambi i casi e, soprattutto dal lato delle spese, il risultato risente di effetti inferiori alle attese derivanti dalle disposizioni a sostegno dell’economia introdotte a causa della pandemia”. Ma in aggiunta a questo “ha influito una realizzazione degli interventi del Pnrr inferiore a quanto ipotizzato”.
Infatti, sottolinea l’organismo indipendente che deve analizzare e verificare le previsioni del governo, “erano stati ipotizzati interventi per 13,7 miliardi (di cui una parte di tipo aggiuntivo rispetto a quanto precedentemente programmato finanziata sia tramite sovvenzioni europee – e quindi con effetti nulli sul deficit – sia per mezzo di prestiti aggiuntivi con aggravio del disavanzo), a fronte dei 5,1 miliardi che sono stati effettivamente spesi e riguardanti per la maggior parte progetti già in essere (e quindi finanziati tramite prestiti sostitutivi, senza impatto sul deficit)”. Di conseguenza gli investimenti (+19,5%) e i contributi agli investimenti (+28,8) “sono aumentati a un ritmo inferiore alle aspettative dell’autunno scorso”, mentre le altre spese in conto capitale “sono salite più del previsto” come riflesso dei “contributi a fondo perduto a supporto dell’attività di impresa per 19,3 miliardi e spese a copertura delle garanzie statali a favore delle pmi per 7,4 miliardi; inoltre, l’ammontare di deferred tax assets (Dta) del settore bancario trasformati in crediti di imposta rimborsabili, e quindi con un impatto immediato sul conto delle Amministrazioni pubbliche, ha registrato importi più elevati rispetto alle stime ufficiali”.
In questo scenario, l’Upb chiarisce che se non si accelera tutta l’architettura disegnata dal governo rischia di crollare: “Il quadro programmatico di finanza pubblica sconta la piena realizzazione degli interventi del Pnrr e del fondo di investimenti complementare, che ha come conseguenza in particolare tassi di crescita degli
investimenti pubblici molto consistenti già negli andamenti tendenziali (…). È importante che la tempistica prevista dal Pnrr sia rispettata pienamente. Fondamentale dovrà essere l’impegno a rispettare il processo integrato di attuazione della spesa, da un lato, e di conseguimento degli obiettivi quantitativi (oltre che dei traguardi qualitativi), dall’altro, sia per il sostegno alla crescita sia per la regolare riscossione delle rate dei fondi europei. Il legame tra obiettivi e traguardi e implementazione della spesa, debole inizialmente, diventerà infatti ben più stretto nel percorso di avanzamento del Piano”. Il problema è che “oltre alle difficoltà organizzative e amministrative degli enti attuatori (…) pesano sulla tempestiva esecuzione di molti progetti anche la carenza di materiali per la costruzione e i connessi aumenti dei prezzi“. Per fare un esempio: nei giorni scorsi è andata deserta per la seconda volta la gara per l’armamento della linea ferroviaria ad Alta Velocità Brescia-Verona, una delle opere del Recovery. Nonostante un mini rialzo, i prezzi a base d’asta sono stati considerati inadeguati dalle imprese del settore.