di Chiara Benatti
Gentile sindaco Muzzarelli,
Mi chiamo Chiara, ho 33 anni e vivo a Modena da quando sono nata. Vengo da una famiglia molto unita. Ho degli zii e una cugina strepitosi, una nonna forte, un compagno che crede in me, una mamma coraggiosa, un cagnolino affettuoso e un papà che purtroppo da quindici anni non c’è più. Mio padre era un uomo riservato ma molto simpatico con le persone che amava. Aveva 49 anni quando l’ho perso, all’improvviso. Abbiamo fatto tutti “il tifo per una vittoria impossibile”, ma c’è stato poco da fare.
Da cinque anni mi sono trasferita nella casa dei miei nonni, nel quartiere dove è cresciuto mio padre. Una periferia povera, operaia, vicino al centro storico; roccaforte di ideali di sinistra, che ha sempre convissuto con pochi servizi e tante difficoltà, ma nonostante questo, ricca di persone che si sono ritagliate spazi di vivibilità, che oggi sono messi duramente in discussione.
La storia della mia famiglia nel rione inizia quando i miei nonni si trasferirono qui, nel 1963, con tutti i loro risparmi e insieme ad un gruppo di altri ragazzi, alcuni dei quali oggi sono i miei vicini di casa ultraottantenni. Quinta elementare, partigiani, contadini, operai e una “sacca” piena di sogni sulle spalle. Ero piccola ma ho memoria di quella comunità e quando sono tornata, ho ritrovato tutti. Capisce quindi, sindaco, che l’approvazione del mega polo logistico Conad e la consequenziale eventualità di essere costretta a separarmi dal mio quartiere, che sarà completamente sovrastato dall’industria, è qualcosa di cui non riesco a farmi una ragione! Nessun rione merita un polo logistico!
Lei si è mai domandato cosa farebbe al mio posto? Sa, quello che più mi fa star male non è tanto la decisione del privato che vuole realizzare il suo progetto; quanto piuttosto il comportamento dell’amministrazione, che fin da subito non si è schierata a favore della partecipazione e della cittadinanza. Non riesco proprio a scusare quell’arroganza di chi deride, sminuisce e strumentalizza i cittadini. Mi dispiace, e non sa quanto, vedere minimizzare gli effetti che questo polo avrà sulle nostre vite. Non posso giustificare chi deciderà di far vivere dei bambini e degli anziani vicino a delle baie di carico; non posso scusare la cementificazione di un parco, per la costruzione di una rotatoria sulla quale vivranno delle persone, come me e Lei, che respireranno i gas di una “marea di camion” giornalieri; non scuso chi definisce “mitigazione al progetto”, la “possibilità” di spostare il proprio cancello di casa per far spazio ai camion; non riesco a perdonare chi obbligherà delle persone a vivere davanti a un magazzino alto trenta metri e così immenso da non stare praticamente in Piazza Grande.
Le chiedo inoltre: cosa sarebbe successo se i cittadini non si fossero fatti sentire? Questo è in assoluto l’aspetto che più fatico a digerire: la noncuranza verso la vita delle persone, come se, dei nostri ricordi non ne fregasse niente a nessuno. E’ giusto parlare di Modena come traino dell’economia, ma è anche giusto praticare la gentilezza, l’umiltà e l’empatia verso i propri concittadini, soprattutto in questi tempi bui. Non pensa sia questo il dovere di un sindaco?
Di una cosa la ringrazio. In questi mesi di “lotta”, ho conosciuto tanti ex-bambini con cui mio padre giocava da piccolo e posso dire con certezza che oggi mio padre è più vivo che mai! In molti mi raccontano di quando consegnava l’Unità, nelle case del rione; altri che amava leggere il Corriere dei piccoli; altri ancora ridono a crepapelle, al ricordo della loro prima vacanza insieme. Concludo sindaco, invitandoLa a riflettere sulle decisioni che prenderà. Io mi tengo stretta stretta ai miei ideali e come ieri, anche oggi, sarò in prima fila a fare il tifo per una vittoria (im)possibile!
Nella foto: due ex-bambini ancora residenti del quartiere e al centro mio padre, che non si voleva far fotografare!