Meno di dieci anni fa il re delle multiproprietà era Roland Duchatelet, imprenditore belga attivo nel ramo della micro-elettronica, che controllava sei società in cinque diversi paesi europei. Una di queste era gestita dal figlio, un’altra dalla moglie, per un business di chiara matrice familiare. Oggi uno come Duchatelet, liberatosi nel frattempo di tutti i club con l’eccezione degli ungheresi dell’Ujpest, assomiglierebbe al titolare di una piccola catena di negozi che si trova a dover competere con Amazon, visto il proliferare di holding e multinazionali che stanno investendo nel calcio con il fine dichiarato di produrre utili. Tra queste, la più tentacolare è il City Football Group (CFG), holding a maggioranza emiratina: il 78% della quote societarie è detenuto dall’Abu Dhabi United Group del principe Mansur bin Zayd Al Nahyan, mentre tra i soci di minoranza figurano gli americani Silver Lake Partners e le cinesi Citic Capital e China Media Capital.

Il CFG attualmente detiene le quote, di maggioranza o di minoranza, di 11 società calcistiche. Un numero che sembra destinato ad aumentare in tempi brevi, dal momento che a inizio anno sono iniziate le trattative per l’acquisto degli olandesi del NAC Breda, mentre è fresca la notizia di un interessamento anche per il Palermo. In quest’ultimo caso si è trattato di un primo contatto esplorativo, avvenuto attraverso la banca d’affari Lazard, per capire la fattibilità di un’operazione che si ipotizza attorno a una cifra pari a 10 milioni di euro. Attualmente il Palermo, dopo il fallimento del 2019, è gestito dagli imprenditori locali Dario Mirri e Antonino attraverso la società Hera Hora srl e si giocherà la promozione in Serie B attraverso i play-off. Resta da capire, se l’operazione andrà in porto, che ruolo è destinato ad assumere il club rosanero all’interno del network della holding araba.

Il CFG si è sempre caratterizzata per una politica meno impattante sulle tradizioni dei club rispetto a quello dell’altra protagonista del corporate football, ovvero la Red Bull: niente cambio di ragione sociale, niente modifica di logo e colori societari. Del resto, il gruppo di Abu Dhabi non ha alcuna necessità di “brandizzare” il club con riferimento al proprio prodotto di punta sul mercato, e pertanto non è stato oggetto di grandi contestazioni da parte dei tifosi come avvenuto ai tempi del Salisburgo. Sotto questo profilo, Breda è stata la prima realtà a prendere una netta posizione contro l’acquisizione del proprio club cittadino da parte del CFG, con manifestazioni dei tifosi e striscioni esposti non solo nella città del Brabante del Nord ma anche fuori dalla sede dell’Ethiad Stadium di Manchester. Entrare a far parte della “Coca-Cola del pallone” – questa la definizione coniata dal Guardian per sintetizzare le aspirazioni egemoniche su scala mondiale della holding – pone ai tifosi quesiti di natura non solo teorica ma anche pratica: una visione business-oriented deve per forza esse incompatibile con quella legata all’identità del club? Meglio colonizzati o poveri in canna?

La struttura del CFG è una piramide con una base che tocca più continenti (solo in Africa la holding non possiede club) e al cui vertice stazione il Manchester City, la cui acquisizione nel 2008 avvenne prima della nascita della CFG stessa, creata cinque anni dopo. Una ramificazione che rende necessarie strategie diverse all’interno dello stesso gruppo. Se il citato Manchester rappresenta il gioiello della corona e agisce come big spender alla ricerca dei massimi obiettivi raggiungibili, società quali New York FC, Mumbay City, Melbourne Victory, Sichuan Jiuniu e Yokohama F.Marinos sono porte di accesso ai rispettivi mercati locali (USA, India, Australia, Cina e Giappone), da sfruttare attraverso la costruzione di squadre competitive. Scendendo nella piramide, gli uruguaiani del Montevideo City Torque e i boliviani del Club Bolivar operano come base scouting locale di accesso a un bacino, quello sudamericano, tanto immenso quanto fecondo. In Europa invece, City a parte, squadre come Girona (Spagna), Troyes (Francia) e Lommel (Belgio) svolgono un ruolo di autentiche unità di produzione al servizio del business principale del CFG, ovvero il player trading.

Fra crescere un giocatore, aumentarne il valore e alla fine venderlo per ricavarne un utile è lo scopo primario della holding di Abu Dhabi. Un giocatore simbolo di questo processo è l’esterno sinistro spagnolo del RB Lipsia Angeliño, che il Manchester City ha acquistato 16enne dal Deportivo La Coruna per poi collocarlo in prestito presso realtà nelle quali era garantito un certo utilizzo (in due casi si è trattato di club affiliati al CFG). L’ultimo prestito, al NAC Breda, si è rivelato decisivo per la piena maturazione del giocatore, poi ceduto a titolo definitivo (dopo aver sfruttato la clausola di recompra al termine di una grandissima stagione in Olanda al Psv Eindhoven) al RB Lipsia. I tedeschi hanno pagato 18 milioni per un giocatore prelevato da adolescente in Galizia per poche migliaia di euro. Una simile strategia necessita di livelli operativi diversi anche all’interno della stessa area/continente, e infatti in Europa i club del CFG vengono mantenuti su piani diversi. Per un Troyes che grazie all’arrivo degli emiri ha ritrovato la Ligue 1, c’è un Girona solida realtà nella Segunda Division spagnola, mentre il Lommel si trova nei bassifondi della B belga, fungendo principalmente da unità di transito per giocatori extracomunitari grazie alle normative locali particolarmente morbide. Quindi investimenti di entità variabile in base alla collocazione prevista per il club nella struttura madre.

Lo scorso 15 febbraio il Manchester City ha demolito in trasferta lo Sporting Lisbona 5-0 nell’andata degli ottavi di Champions League. Meno di 24 ore dopo il New York City FC vinceva in Costarica sul campo del Santos de Guápiles nel medesimo turno della Champions del CONCACAF. Un’altra Champions, quella asiatica, ha inaugurato ad aprile la fase a gironi dell’edizione 2022 con tre squadre del CFG ai blocchi di partenza: Mumbai City, Yokohama F. Marinos e Melbourne City. In Asia infatti non sono previste limitazioni nella partecipazione ai tornei di club appartenenti alla medesima proprietà, risparmiandosi quanto meno complicate costruzioni organizzative modello Red Bull Salisburgo-RB Lipsia, oppure pantomime stile Lazio-Salernitana. Vista la competitività delle principali squadre del network, non è utopia ipotizzare un futuro mondiale per club con Manchester City, New York Fc e Mumbay City. Ovvero il mondo racchiuso nel parco giochi di casa propria.

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