Il caso in una scuola di Faenza: nel mirino è finita un'insegnante di musica: "Molti alunni la conoscevano già, è nel libro di testo". Ma un eletto sollecita il sottosegretario leghista Sasso
“Giù le mani da Bella ciao e dalla libertà d’insegnamento”. A pochi giorni dal 25 aprile, a Faenza, è scoppiata la polemica perché un’insegnante di musica ha dato come compito ai ragazzi quello di studiare il canto partigiano. Una scelta che non è piaciuta ad un genitore che ha mandato la fotografia del diario al consigliere comunale Gabriele Padovani (ex leghista entrato nel gruppo Misto), il quale ha presentato un’interrogazione e portato il caso sul tavolo del sottosegretario all’Istruzione (leghista) Rossano Sasso. L’insegnante, la professoressa Marcella Sbarzaglia, è difesa dalla dirigente dell’istituto Marisa Tronconi, dall’Anpi e dalla giunta del Comune di Faenza. Anche genitori e docenti hanno espresso la loro solidarietà.
Lo spunto della docente è nato prima delle vacanze di Pasqua quando, dopo aver parlato con i ragazzi e aver constatato che molti di loro già conoscevano e cantavano Bella Ciao, ha dato il compito di studiare il testo. “Da noi, terra di Romagna e di partigiani, Bella ciao è un canto che si impara da sempre a scuola, in famiglia, da cantare in occasione della Festa della Liberazione. È un canto simbolo della libertà, della lotta contro l’invasore, qualunque esso sia. Molti ragazzi la conoscevano già, è contenuta nel libro di testo. Sinceramente la scelta non è solo mia, rappresento tutti i docenti di musica che da sempre hanno fatto cantare e che faranno cantare questo brano”.
Con lei anche la preside che a ilfattoquotidiano.it spiega: “La libertà d’insegnamento non è negoziabile. Non voglio alimentare questa polemica, tra l’altro già vista in altri anni e in altri contesti ma questo genitore avrebbe potuto, prima di interpellare la politica, parlare con la professoressa e con me aprendo un utile confronto”. Nei giorni scorsi, Tronconi, era già intervenuta con parole anche più dure: “Il gesto di fotografare la pagina di un diario e di spedirla ad un politico è servito solo a stigmatizzare la scuola con scandalo pubblico: si fa politica di fronte a bambini di 12 anni, non si dà il compito di grammatica e altre considerazioni, è un metodo troppo semplificante, plateale e non riguardoso. L’insegnante ha proposto una canzone che rappresenta universalmente il desiderio di libertà e, storicamente, un percorso antifascista. Non credo che questo sia un gesto politico, perlomeno non nel senso ‘partitico’ del termine”. Concetti che la preside ha voluto esprimere anche con una lettera ai genitori della classe coinvolta.