Esce il nuovo disco, di cui non abbiamo fatto alcuna recensione. Ma esce, allora ne parliamo. Così
Liam Gallagher può dire ciò che vuole (e spesso dice, o meglio scrive, tweet strampalati). E può pure cantare ciò che vuole, anche se la voce non è più quella di un tempo da un bel pezzo ormai. Il suo terzo album solista C’mon You Know suona come suonavano gli Oasis? Magari. Sì, forse “sembra quella roba lì”. Una cosa da dinosauri, a sentirla oggi. Anche perché mica ci sono i pezzi degli Oasis. Detrattori dei fratelli Gallagher? Tanti. Ma molti di più quelli che li hanno amati. Pensate a quanti ragazzi hanno imbracciato la chitarra sentendo Definitely Maybe. Adolescenza atomica. Songwriting clamoroso, quello di Noel. Frontman imprescindibile, Liam. Dicevamo, del nuovo disco di Liam Gallagher possiamo discretamente fregarcene (vale per molti, quasi per tutti gli artisti ‘grossi’ che fanno nuovi dischi solo per restare nel circuito dei live). Lui, Liam, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera. Dice che festeggerà i 50 anni in Italia: “In Sicilia. Dell’Italia amo la gente, il cibo, i vestiti… E queste cose non le dico in ogni Paese”. Nel suo nuovo disco (il tour farà tappa anche in Italia) c’è di mezzo il lockdown, come non potrebbe, c’è un pezzo scritto con Ezra Koenig dei Vampire Weekend (band newyokese che offre un primo disco niente male poi qualche pezzo, qua e là). Liam Gallagher ha 50 anni. L’ha presa bene: “Meglio compierne 50 che 60. E a 60 dirò meglio così che 70… Spirito e mente stanno bene. Mi alzo la mattina, faccio lunghe camminate, non bevo quanto penso che potrei riuscire a bere, idem con il fumo, ma amo questa vita”. Allora peccato ripetersi, verrebbe da suggerire al giovanotto di Manchester. Peccato mettere in mezzo a questa vita pacifica un disco che è stereotipo del tempo che fu. Le parole di John Lennon (il Dio di L.G) fanno al caso nostro: “Vedi, intorno ai 35 anni mi sono ritrovato in una situazione in cui, per varie ragioni, mi ero sempre considerato un artista, un musicista un poeta o come lo vuoi chiamare tu, e il cosiddetto tormento dell’artista veniva sempre bilanciato dalla libertà di cui l’artista godeva. L’idea di essere un musicista rock’n’roll in qualche modo corrispondeva al mio talento e alla mia mentalità, e la libertà era una cosa davvero bellissima. Dopodiché però ho scoperto che non ero libero. Mi ero fatto incastrare…“. Lennon lo disse dopo 5 anni di assenza dalle ‘scene’ e qualche tempo prima di essere ammazzato. Lo disse per cercare di far capire come non si dovessero fare dichi “per forza”. Poi tornò a scrivere magnificamente. Divagazioni. Nell’intervista al Corriere, Liam parla come al solito di Oasis: “Non ci saremmo mai dovuti sciogliere”. Poi un attacco acuto di (quasi) sincerità, una perfetta recensione di sé: “Mi manca essere in una band. Mi manca essere negli Oasis. Erano perfetti per come mi vesto, per come recito, per la camminata, per come parlo… Bisogna prendere quello che passa il convento, ma vorrei essere altrove. Sono stato umiliato. Non scrivevo perché Noel aveva una formula e un suono per gli Oasis: mi andava bene essere solo la rock star, non sono mai andato a dirgli di farmi scrivere. Oggi mi diverto a prendere la chitarra, ma non ho mai preso gusto nello scrivere“. Sul “sono stato umiliato” esagera, ovviamente, dice il falso. Ma è Liam. Maybe you’re the same as me/We see things they’ll never see/You and I are gonna live forever.