“In relazione alla vicenda Russiagate, il Comitato, nell’odierna seduta ha constatato che non vi sono elementi di novità tali da richiedere ulteriori approfondimenti“. Con uno stringatissimo comunicato il presidente del Copasir Adolfo Urso tronca sul nascere la ricostruzione di Repubblica che dava per “quasi certa” la convocazione davanti all’organo di Giuseppe Conte, accusato di aver barattato – ai tempi in cui era premier – “un vantaggio personale in cambio di un un incongruo scambio di informazioni dall’alto dividendo politico”. Il motivo? Una cena a Ferragosto 2019 tra l’ex direttore del Dis, Gennaro Vecchione – anche lui, secondo il quotidiano, avrebbe dovuto essere convocato dal Copasir – e l’ex segretario alla Giustizia americano William Barr, mandato in missione da Trump nell’ambito della “contro-inchiesta” per trovare prove del coinvolgimento dei nostri servizi – ai tempi del governo Renzi – in un presunto complotto di agenti Fbi infedeli per affossare la corsa elettorale del tycoon nel 2016.
Vecchione, autorizzato dall’allora capo del governo, aveva incontrato l’attorney general il pomeriggio del 15 agosto nella sede del Dis, ma Conte – audito dal Copasir nell’ottobre successivo – non aveva riferito del “prolungamento” serale della visita, che invece risulta dai documenti del Dipartimento della Giustizia Usa. Vecchione, interpellato dall’agenzia AdnKronos, spiega così la circostanza: “Nel tardo pomeriggio di Ferragosto sarebbe stato difficile organizzare un rinfresco in sede, per cui si è optato per un evento esterno, in un luogo pubblico e in una zona centralissima. A entrambe le situazioni non ha preso parte il presidente del Consiglio. Non sono mai stati forniti al presidente del Consiglio aspetti del cerimoniale e dell’accoglienza relativi a visite di singole Autorità o delegazioni italiane e straniere, stante la loro assoluta irrilevanza. Nel corso dell’incontro conviviale non sono stati in alcun modo affrontati argomenti riservati, confidenziali, commessi alla visita o comunque riferiti a vicende e a personaggi politici italiani e stranieri, per cui la conversazione si è orientata su convenevoli di carattere generale“.
Secondo Repubblica, invece, quell’incontro al ristorante Casa Coppelle in centro a Roma è la prova di un “uso politico borderline” che l’ex premier ha fatto dell’intelligence, allo scopo di compiacere Trump e ottenerne in cambio il famoso tweet con cui appoggiò la formazione del suo secondo governo (chiamandolo “Giuseppi”). Una ricostruzione che il presidente M5S ha bollato come “infamità“, specificando di non aver mai saputo della cena, che comunque – dice – è stata probabilmente “motivata da cortesia istituzionale“. E sfidando Renzi: “È possibile che non abbia mai sentito il dovere di andare a riferire al Copasir su questi suoi sospetti? Perché non va, come sempre ho fatto io, a riferire quel che sa? Cosa teme, di dover poi rispondere alle domande dei componenti del Copasir e di essere obbligato, per legge, a riferire tutta la verità?”. Affondo a cui il leader Iv ha risposto con un video pubblicato sui social: “Io su di te non ho sospetti, io su di te ho delle certezze: non ti sei comportato bene, perché un presidente del Consiglio non si comporta così con un Paese straniero”. E poi, il giorno dopo, con un’intervista alla Stampa: “Conte non pensi di risolvere il problema attaccando me. Il Copasir controlla l’azione dei servizi, non i sospetti dei parlamentari. Sulla visita di Barr deve rispondere Conte e non io, che sono la parte lesa da uno stile istituzionale quantomeno discutibile”.
Era stato lo stesso presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza, però, a smentirlo (quasi) in diretta: “Renzi dice di non avere sospetti ma certezze, che noi non possiamo avere perché abbiamo già svolto i nostri approfondimenti. Se Renzi ha altre notizie che gli danno certezza che l’allora premier Conte ha in qualche misura violato i dettami istituzionali, evidentemente da lui dobbiamo partire” ha detto Urso la mattina dopo a Omnibus su La7. “Prima di chiamare chi dice che non sapeva nulla (Conte, ndr), devo chiamare chi dice di avere delle certezze“, afferma. E anche la vicepresidente Federica Dieni (M5S) aveva anticipato di voler chiedere “che venga calendarizzata l’audizione di Renzi”, mentre “non c’è la necessità di ascoltare nuovamente Conte”: “Se il leader di Iv solleva un problema di sicurezza nazionale e dice di nutrire sospetti in merito a comportamenti non corretti da parte di Conte, allora ci sembra giusto che venga a spiegare nelle sedi opportune a cosa si riferisce in particolare, per poi concentrare le nostre domande e fare i dovuti approfondimenti”, spiega. Una posizione, quella dei vertici del Copasir, che ha mandato su tutte le furie il deputato renziano Filippo Anzaldi: “Le dichiarazioni del presidente del Copasir a Omnibus sono stupefacenti: forse il senatore Urso non ha letto i giornali di ieri e di oggi? Forse non si è accorto delle nuove rivelazioni di queste ore?”, tuona su Facebook. Al termine della seduta però la vicepresidente Dieni ha ribadito: “Ogni componente ha fatto le proprie richieste. Abbiamo ritenuto non ci fossero elementi tali per riaprire l’indagine, non c’è nulla di nuovo“.