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Guerra Ucraina | “Mariupol, il salvataggio mancato e la tentazione Usa di far entrare in guerra la Nato scavalcando l’Europa”

Nel giorno della probabile capitolazione il generale Antonio Li Gobbi spiega perché nessuno è intervenuto ma come la "mastina" della Casa Bianca Nuland abbia ipotizzato un'operazione umanitaria che valeva come una dichiarazione di guerra

Victoria Nuland, la poco diplomatica Under Secretary of State for Political Affairs USA, sembra cercare in tutti i modi di coinvolgere militarmente la NATO nel conflitto russo –ucraino. Il 20 aprile in relazione alla richiesta di estrazione da parte dei difensori di Azovstal, la Nuland ha ipotizzato che l’estrazione venga effettuata da parte di forze NATO. Una dichiarazione decisamente preoccupante per l’evoluzione di una guerra che si annuncia lunga, sanguinaria e costosa . Occorre specificare allora alcuni punti. Intanto, chi è Victoria Nuland? Ricopre con l’amministrazione Biden la quarta carica per importanza nell’ambito del Segretariato di Stato USA, la più elevata che debba essere ricoperta da un diplomatico di carriera e non da un politico. Quindi la sua dichiarazione non può essere presa alla leggera e rappresenta un messaggio (alla Russia, all’Ucraina e agli Alleati) che è logico presumere essere stato concordato con la Casa Bianca.

È utile anche ricordare, sia pur succintamente, alcune passate esperienze della Nuland, che tra l’altro è la consorte del controverso politologo ultra-interventista Robert Kagan, del think-tank Brookings Institution.

Era lei la volitiva Rappresentante Permanente USA presso il North Atlantic Council, il massimo organo politico dell’Alleanza Atlantica, quando nel 2008 (Summit NATO di Bucarest) gli USA insistevano per l’accesso di Ucraina e Georgia nella NATO, accesso che all’epoca fu bloccato dalle obiezioni franco-tedesche, proprio in relazione a quanto una tale decisione avrebbe comportato in termini di deteriorarsi delle relazioni con la Russia.

Nel 2013 la Nuland è stata nominataAssistant Secretary of State for European and Eurasian Affairs”. Nel 2014 le è stato assegnato un incarico diplomatico in Ucraina, al fine portare a una soluzione favorevole agli USA della crisi ucraina iniziata nel 2013. In tale veste, come noto, fu intercettata illegalmente durante un colloquio con l’ambasciatore USA a Kiev, durante il quale la disse “fuck the EU“, per manifestare l’intendimento di Washington di non tenere in alcuna considerazione le preoccupazioni dei paesi europei (Germania in primis) e della UE nella ricerca di una soluzione alla crisi ucraina.

Quindi, una personalità di spicco nell’amministrazione USA, che si è da anni occupata di Ucraina, con incarichi di altissimo livello con le amministrazioni Bush, Obama e Biden (non ebbe, invece, alcun incarico nel periodo Trump). Insomma, non qualcuno che potrebbe parlare senza valutare le conseguenze di quanto dice.

Le conseguenze, appunto. Il messaggio è chiaro: la NATO non può limitarsi a gestire l’invio di armi all’Ucraina, ma deve fare qualcosa di più. Ovvero, gli alleati devono esporsi di più.

La frase sembrerebbe innocua a orecchie non esperte. Si poterebbe pensare che si tratti solo di andare a “salvare i civili” imprigionati a Mariupol: una missione umanitaria, insomma. Ma in effetti così non è.

Mariupol è circondata dalle forze russe. Per una forza “ostile” non sarebbe possibile aprire un corridoio se non combattendo contro i russi (e la NATO si è schierata dalla parte di Kiev e quindi non può non essere considerata “ostile” da parte di Mosca). Si tratterebbe di un’operazione interforze complessa da condurre, o entrando in Ucraina o dal Mar Nero. Sarebbe un’operazione di guerra contro la Russia il cui unico risultato sarebbe il coinvolgimento dell’Alleanza come parte belligerante.

È chiaro che si potrebbe chiedere un tale intervento a una parte terza che potesse occuparsi dell’estrazione e messa in salvo dei civili, ma a farsene carico dovrebbe essere una parte considerata neutrale dalla Russia (ad esempio la Turchia). Peraltro, la Nuland non lo chiede alla Turchia o a qualche paese neutrale rispetto a questo conflitto, ma lo chiede alla NATO, ben sapendo che Mosca non potrebbe mai accettarlo. Appare evidente il tono provocatorio della richiesta.

Da un punto di vista tecnico-militare, comunque, una parte terza potrebbe organizzare con l’accordo russo una “non combatant evacuation operation” (NEO), in gergo militare un’operazione di evacuazione di non combattenti, ma è evidente che l’accerchiante non potrebbe mai accettare che insieme con i civili vengano portati in salvo anche i combattenti, che ai sensi del diritto internazionale umanitario dovrebbero essere trattenuti come prigionieri di guerra. Inoltre, tra quei combattenti alcuni sono del famoso battaglione Azov, con i quali, come a tutti noto, i russi hanno dei conti in sospeso.

Insomma, una dichiarazione in sede ufficiale da parte di un’alta rappresentante dell’amministrazione Biden che sollecita, un po’ subdolamente, un intervento militare NATO nel conflitto. Intervento che , anche se volesse, la NATO non sarebbe in grado di pianificare e condurre nelle poche ore o giorni disponibili prima della caduta di Azovstal. Tra l’altro la dichiarazione è stata fatta proprio nel giorno in cui il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha dichiarato che l’UE resterà al fianco dell’Ucraina sino alla sconfitta della Russia, attribuendo così un nuovo spessore alla posizione UE in relazione al conflitto.

È evidente che in questo momento né agli USA, né alla Russia, né all’Ucraina interessa giungere a un negoziato, in quanto tutti e tre ritengono (a torto o a ragione) di potersi posizionare in futuro in con maggior forza rispetto a quella attuale. Comprensibile, pertanto, che tutti e tre sembrino per il momento non dare possibilità al negoziato. Ma è questo anche l’interesse degli europei?