Una nota dell’Ufficio scolastico regionale diffusa ieri informa che l’ispezione da esso avviata “a tutela di tutta la comunità scolastica e per verificare le segnalazioni alle quali la stampa nazionale ha dato ampio risalto […] non ha accertato violazioni del codice disciplinare, per cui questo Ufficio non avvierà procedimenti né adotterà provvedimenti disciplinari”. Insomma, non solo la vicenda della Preside del Liceo Montale e della sua presunta love story con uno studente maggiorenne non aveva alcuna rilevanza penale ma, si apprende ora, non aveva neppure alcuna rilevanza disciplinare.

Non solo, dunque, la Preside, anche ammesso che la relazione con lo studente che le è stata imputata sia mai esistita, non ha violato – e questo già lo sapevamo – alcuna norma di legge; ma non ha commesso neppure alcuna violazione disciplinare. Eppure la sua vita è stata massacrata, la sua privacy travolta, il suo privato – vero o presunto che fosse – reso pubblico. E niente e nessuno, purtroppo, domani potrà restituirle ciò che ha perso, ciò che le è stato sottratto, ciò che le è stato violentemente rubato con l’alibi del diritto di cronaca e del diritto di fare informazione.

Davvero era indispensabile sbattere in prima pagina le trascrizioni di messaggi audio che forse – perché nessuno sa e forse nessuno saprà mai quale sia la verità – una signora si è scambiata con un ragazzo maggiorenne in un contesto privo di qualsiasi rilevanza penale e disciplinare? Davvero è stato giusto così? Davvero si può continuare a promuovere la celebrazione nella dimensione mediatica di processi basati su dati e informazioni nati per restare privati, segreti, confidenziali tra persone adulte e maggiorenni?

Forse la vicenda del Liceo Montale e il dramma dei diritti violati della sua Preside – dei quali pure avremmo potuto fare a meno – ci consegnano una lezione importante, preziosa, da non lasciar scivolare via senza afferrarla, farla nostra, utilizzarla per far meglio in futuro. C’è una domanda che ogni volta che torneremo a trovarci davanti una vicenda come questa dovremmo porci e alla quale dovremmo imparare a rispondere meglio di quanto si è fatto in questa occasione: cosa è indispensabile che l’opinione pubblica sappia e cosa, invece, non serve – pur magari generando interesse, curiosità, click, ricavi pubblicitari – diventi di dominio pubblico e serve invece resti privato, riservato, personale?

Ecco, in questa vicenda probabilmente si sarebbe potuto attendere a svelare l’identità della Preside del Liceo Montale, si sarebbe potuto attendere a pubblicare la sua fotografia, ci si sarebbe dovuti astenere dal pubblicare le trascrizioni di quei messaggi forse scambiati con il ragazzo la cui privacy è rimasta, invece, fortunatamente garantita o, almeno, più garantita. Tutto questo, almeno, fino a quando non si fosse avuta conferma della circostanza che quei fatti fossero veri, ma soprattutto che quei fatti rappresentassero qualcosa di più e di diverso rispetto alla libera scelta di due persone adulte e maggiorenni di costruire – o non costruire – un rapporto privato, personale, riservato o persino segreto.

E si sarebbe, probabilmente, dovuto pensare anche alla circostanza che nella dimensione digitale qualsiasi contenuto – o quasi qualsiasi contenuto – pubblicato online è, purtroppo, destinato a rimanere per sempre accessibile a chiunque, come accadrà per il nome della Preside del Liceo Montale per le sue fotografie, per le trascrizioni di quei messaggi audio che, pure, il Garante per la privacy ha a suo tempo tempestivamente ordinato ad alcuni quotidiani che le avevano pubblicate di rimuovere.

Ormai quella persona, quella donna, ha un destino ingiustamente segnato: ovunque andrà, qualsiasi successo la vita e le sue capacità le riservino, qualsiasi futuro la aspetti, per i più sarà la Preside che ha avuto, forse, una storia con uno studente. E poco importerà, purtroppo, che lo studente in questione fosse maggiorenne, e soprattutto che i fatti in questione potrebbero non essere veri – e comunque sono risultati privi persino di qualsiasi rilevanza disciplinare. E anzi, complici le dinamiche di funzionamento dell’ecosistema mediatico digitale, non è neppure detto – ed è probabile che non sarà così – che le tante notizie relative alla vicenda in questione navighino il mare digitale sulla stessa zattera con i pochi trafiletti che, in queste ore, stanno dando la notizia della circostanza che l’ispezione ministeriale si è conclusa senza accertare alcuna responsabilità disciplinare di chicchessia, a cominciare proprio dalla Preside.

Si è, insomma, sbagliato tanto e possiamo imparare tutti a sbagliare tanto di meno.

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