C’è chi ha segnalato i suoi dubbi su come differenziare alcuni rifiuti, chi ha consigliato app e dato suggerimenti molto utili, chi ha raccontato le proprie abitudini e persino chi ha fatto un esperimento, annotando il contenuto del proprio sacchetto dell’immondizia. Sono i contributi dei nostri lettori sostenitori che, nel Forum a loro dedicato, stanno partecipando attivamente alla campagna Carrelli di plastica che ilfattoquotidiano.it porta avanti insieme a Greenpeace. Come raccontato nell’ultimo articolo della campagna, dedicato ai limiti del riciclo (e della differenziata), quando si tratta di plastica non è affatto facile avere la certezza che un prodotto verrà effettivamente riciclato. I lettori ci scrivono delle abitudini che stanno adottando per ‘fare la loro parte’, ma anche di materiali alternativi, come carta, plastiche biodegradabili e compostabili. Sono soluzioni funzionali all’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali dovuti ai numeri fuori controllo del consumo di plastica (soprattutto monouso)? Proprio su queste ‘alternative’ alla plastica vergine e sul loro riciclo ci concentreremo nei prossimi appuntamenti della campagna, che certamente riserveranno qualche sorpresa. E parleremo anche delle responsabilità che, come diversi lettori fanno notare, non devono tutte ricadere sui consumatori. In effetti, la campagna Carrelli di plastica punta proprio a cambiare le cose, partendo da chi – non solo con la sua spesa – ha davvero il potere di rivoluzionare un modello che si è rivelato disastroso. Nel frattempo, riportiamo le testimonianze di chi segue questo percorso, mettendoci del suo. Qui i dubbi, qualche suggerimento e le pratiche (quelle certamente positive) che qualcuno già adotta.

Antispreco – Angelo 1956 riempie alla fontana pubblica l’acqua nei bottiglioni da 5 litri in vetro e la riversa nelle bottiglie da un litro per l’utilizzo a casa. “Non compro acqua minerale in plastica – spiega – perché non ho fiducia nel contenuto sottoposto (a volte per mesi) ai raggi solari, con controlli inesistenti e per evitare l’enorme spreco di plastica”. Gioia sta cambiando alcune abitudini nella vita quotidiana: “Sto preferendo l’uso delle saponette ai saponi liquidi, acquisto le verdure e gli ortaggi ‘sfusi’ utilizzando i sacchetti di carta e ho cambiato fornitore di caffè per poter riciclare completamente lo scarto e il suo involucro. Sono piccole cose, ma sono convinta che il cambiamento si ottiene cominciando da noi”. Eleonora Padovani ha proprio adottato una serie di misure antispreco. “Faccio la raccolta differenziata. Acquisto detersivi sfusi – racconta – shampoo solidi e sapone liquido sfuso anche per l’igiene intima, il più difficile da trovare”. Beve acqua del rubinetto, acquista birra col vuoto a rendere, vino alla cantina biologica, yogurt in vetro o in confezioni misto carta. “Mi lavo con la saponetta per evitare gli imballaggi del bagnoschiuma” spiega. Ha trovato persino un dentifricio in polvere in erboristeria ed è in cerca di alternative per filo interdentale e collutorio. Eleonora ha fatto un esperimento e ha descritto cosa c’era nel suo sacchetto della spazzatura, ossia i rifiuti di una coppia di adulti raccolti in 15 giorni: una confezione gnocchi tirolesi, una lattina di cola (alluminio), una confezione di alluminio di mais, due vasetti di yogurt da 500 grammi, un sacchetto di patatine, una busta di pasta, una bottiglia di gassosa, un flacone di bagnoschiuma, una confezione di collutorio, una penna a sfera, una busta di biscotti, una busta di frutta secca, tre tappi di succo di frutta da confezioni in tetrapack, una vaschetta di polistirolo di zenzero candito. “Se voglio posso fare di meglio, il resto sono solo scuse” scrive. Se voi potete fare di meglio, raccontatecelo!

Alle prese con la differenziata – Sono diversi i sostenitori che raccontano di essere in difficoltà davanti alla differenziata, per più di una ragione. “Purtroppo il problema non è solamente legato alle notevoli difficoltà di conoscere esattamente dove e come vanno smaltiti i vari elementi che compongono qualsiasi pacco di qualsiasi natura (le indicazioni sono spesso assenti e/o contraddittorie)” scrive Adriano Giordano. Il vero grande problema, racconta, sta nel fatto che ogni territorio ha le sue regole. “Io vivo tra Venezia e Milano e le regole di smaltimento sono diverse” confida, sostenendo che “il Governo dovrebbe definire le regole uguali per tutti e tutti dovrebbero adattarsi e non deviare”. Danilo Paolini, che lavora nel settore della distribuzione automatica di alimenti e bevande, si sofferma proprio su questo aspetto: “Prima di tutto si potrebbe iniziare a unificare i colori per la differenziata che sono diversi da regione a regione, da provincia a provincia, da città a città e da comune a comune. Inoltre, per i materiali da conferirvi, la guida viene diretta dall’azienda municipalizzata di turno in base all’impianto di separazione (plastica, plastica e alluminio, vetro, vetro e alluminio ecc.). Ricapitolando, la confusione regna sovrana!”.

Piero 1984, premettendo che dipende proprio “da Comune a Comune”, stila un elenco di dubbi (e qualche certezza) con cui si è alle prese quando si fa la raccolta differenziata. In attesa che entri in vigore la nuova etichettatura ambientale per gli imballaggi, proviamo a dare qualche risposta. “Plastica e lattine: non chiaro per polistirolo – scrive Piero – teloni di plastica per copertura, oggetti plastica e acciaio come lamette da barba, per spazzolini da denti, posate in plastica, oggetti in plastica di piccole o grandi dimensioni come sedie o tavolini”. Effettivamente la premessa di Piero è più che appropriata. Per diversi materiali, la raccolta cambia a seconda del Comune. Qui Corepla spiega, in generale, cosa va nella differenziata e come raccogliere gli oggetti di plastica di piccole e grandi dimensioni. Il polistirolo – anche quello che protegge gli elettrodomestici – dovrebbe andare nella raccolta della plastica, mentre per i teloni per copertura occorre verificare. Lamette da barba, spazzolini da denti e posate vanno nell’indifferenziata. Sedie e tavoli sono considerati rifiuti ingombranti. Altri dubbi: “Carta: incerto per multistrati come Tetrapack o contenitori di certi surgelati carta fuori e sottile pellicola dentro”. Il Tetrapack va nel contenitore relativo al materiale di cui è composto in modo prevalente. In molti Comuni è quello della carta, ma è sempre meglio informarsi, perché in altri va gettato nella plastica. Piero chiede anche dei coperchi dei barattoli di vetro. Dipende dal materiale: se è in metallo, occorre verificare come avviene la raccolta di questo materiale presso il proprio Comune.

Ha una perplessità anche Giacomo: per gli involucri di plastica che però hanno anche targhette di cartone adesive con il nome prodotto. “Inizialmente si è tentati di buttarli nella plastica ma – scrive – avendo anche l’etichetta di cartone, alla fine li butto nell’indifferenziata, poiché credo che dia problemi in fase di riciclo”. E, in effetti, se le etichette non si possono rimuovere, il problema è concreto. Anche Conai suggerisce ai produttori di imballaggi di utilizzare etichette coprenti dotate di perforazioni o punzonature, per facilitarne la rimozione.

Le App che segnalate (e che segnaliamo) – Proprio rispetto alla differenziata, alcuni sostenitori segnalano l’applicazione della multiservizi Hera, ‘il Rifiutologo’. “In questa app – scrive Derek Zoli – è presente una funzione che permette di scansionare il bar code di un prodotto per sapere come smaltirlo almeno per quello che riguarda il servizio di raccolta che fanno loro. Lo trovo utilissimo e lo uso molto spesso”. Anche Fzani 64 la consiglia: “L’ho usata 5 minuti fa per segnalare che il mio bidone della carta era pieno. Dovrebbe essere utilizzata in tutto il Paese”. Una app utile per capire come va raccolto un determinato rifiuto a seconda della zona in cui si vive, è Junker. Questa applicazione riconosce il prodotto grazie al codice a barre e lo scompone nelle materie prime che lo costituiscono, indicando in quali bidoni vanno gettate le varie parti nella propria zona. Per i prodotti privi di codice a barre è stata introdotta una funzione che riconosce gli oggetti dalla loro immagine. Dunque, da una foto che si potrà scattare e inviare con lo smartphone.

Una questione di responsabilità – Molti sostenitori, però, sottolineano come sia necessario che la responsabilità della gestione dei rifiuti non ricada solo sui consumatori. Secondo Anna e Fulvio per i detersivi “la grande distribuzione potrebbe prevedere distributori self-service, così si potrebbe riutilizzare lo stesso contenitore, ma il problema sono le aziende produttrici. Dovrebbero produrre solo ‘sfuso’, occorrerebbe ripensare a tutta la linea di produzione”. Anche per Riccardo Zenobi “la gestione del rifiuto dovrebbe partire dall’alto prima che dal basso, utilizzando incarti e confezionamenti composti da materie totalmente riciclabili”, mentre si potrebbero prevedere “degli sconti per chi utilizza imballaggi propri, come ad esempio bottiglie portate da casa per acquistare succo di frutta sfuso”. “Ritengo sbagliata e ingiusta – scrive Gianluca Pinto – la tendenza a scaricare la responsabilità e/o il peso delle soluzioni relative ai problemi ambientali solo sui comportamenti del ‘consumatore’. Il gestire il proprio comportamento nei consumi presuppone tempo e denaro che non tutti hanno”. Gianluca mette in luce anche un altro aspetto: “Tutto ciò che è eco-compatibile ha costi maggiori dei prodotti inquinanti”. Significa che le famiglie meno abbienti non sono in grado di scegliere e sono obbligate ad acquistare prodotti meno cari e, di fatto, più inquinanti. “Non è sempre solo il cittadino – scrive Gianluca – che si deve assumere le responsabilità e gli oneri della devastazione ambientale”.

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