A poco meno di un mese dalla decisione sono state depositate dai giudici della Cassazione le motivazioni con cui hanno dichiarato illegittimo il decreto di sequestro di documenti e dati informatici ad alcuni appartenenti alla famiglia dei Graviano nell’ambito dell’indagine della Procura di Firenze sulle stragi del ’93 che ha come indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Per gli ermellini manca “il nesso di pertinenza tra i reati per cui si procede, il presunto finanziamento documentato dalla scrittura privata e il sequestro di documenti e dati informatici rispetto a terzi”.
La V sezione penale ha accolto il ricorso della difesa di Nunzia e Benedetto Graviano, fratelli dei boss di mafia Filippo e Giuseppe Graviano, contro il sequestro di quanto estratto da quattro cellulari, due computer ed una drive-pen eseguiti dalla Procura fiorentina in seguito alle dichiarazioni rese al pm da Giuseppe Graviano. In particolare quest’ultimo aveva dichiarato che “soggetti a lui vicini” avevano dei documenti che indicavano che la mafia aveva finanziato con venti miliardi di vecchie lire Silvio Berlusconi, all’esordio delle sue attività imprenditoriali, e che questi “rapporti finanziari” costituirebbero “l’antefatto rispetto alla strategia che ha condotto alle stragi del biennio 1993-94”.
Ad avviso della difesa di Benedetta e Nunzia Graviano – che non sono indagati – “i decreti di perquisizione si fonderebbero su una ‘fantasmagorica ipotesi investigativa’ , secondo la quale i delitti di strage sarebbero riconducibili” ai due indagati nell’indagine fiorentina, “uno dei quali, Silvio Berlusconi, avrebbe ricevuto in anni antecedenti, da Filippo Quartararo, nonno del Graviano, la somma di 20 miliardi di lire, dazione comprovata di una scrittura privata, in possesso a soggetti vicini al Graviano”. Secondo la difesa, inoltre, i provvedimenti di sequestro sarebbero privi di “criteri selettivi” e “senza indicazione tra il reato contestato e i dati informatici che si intendono vincolare”.
La Cassazione ha ritenuto “fondato” il ricorso e osserva che occorre “evitare che il sequestro probatorio assuma una valenza meramente esplorativa di notizie di reato diverse ed ulteriori rispetto a quella per cui si procede”. In pratica non si possono disporre sequestri ‘a strascico’. Rilevano gli ermellini’ che il decreto di sequestro, alla ricerca del documento sui finanziamenti della mafia a Berlusconi, “non fornisce adeguata motivazione” quanto a “legittimità”, “nesso di pertinenza tra i reati per cui si procede”, e “rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità del sequestro”. “In mancanza di siffatti chiarimenti sul versante motivazionale – conclude il verdetto -, il provvedimento di perquisizione e sequestro legittima una non consentita attività esplorativa, finalizzata alla eventuale acquisizione, diretta o indiretta, di altre notizie di reato”. Adesso il Tribunale di Firenze “dovrà tenere conto di tutti i principi richiamati, procedendo ai motivi di Riesame come proposto dalla difesa dei ricorrenti”, conclude la sentenza 15648.