“La perdita di un figlio è il dolore più grande che un genitore possa provare”, scrive in una nota il calciatore Cristiano Ronaldo quando annuncia la morte, durante il parto, di uno dei due gemelli che aspettava con la compagna Georgina Rodriguez. Ed è proprio così: la perdita di un figlio è riconosciuto come il lutto più difficile da affrontare, in cime alla lista degli eventi più stressanti della vita. Non sarà di conforto per il calciatore, pensare che di figli ne ha già cinque e altri ne potrà avere ancora in futuro.
Il lutto perinatale (cioè quello per la morte di un figlio, che avviene nell’ultimo periodo di gravidanza o nella prima settimana di vita) è un lutto a tutti gli effetti, anche per un padre. E’ una sofferenza che chiede tempo per essere elaborata e l’attraversamento della tempesta emotiva che l’accompagna.
Il lutto perinatale è la perdita del progetto genitoriale. Il fallimento del proprio compito di accudimento e protezione, con sentimenti di incapacità come se ci fossero passaggi che non sono stati fatti e/o precauzioni che non sono state prese.
La decisione di avere figli oggi è, nella maggior parte dei casi, molto ragionata, all’interno di un progetto più ampio di famiglia, un passaggio importante della coppia. Molto vissuto nella corporeità della gravidanza per le madri e, parallelamente, più nella costruzione di una relazione affettiva graduale con il bambino per i padri. Oggi molto presenti alle visite mediche e alle ecografie e partecipi nell’ascolto del battito cardiaco e della vita che esso rappresenta.
Per entrambi i genitori, la perdita è un esperienza devastante e i vissuti emotivi sono simili, anche se diversi i modi di esprimerli e di affrontarli. Tradizionalmente il lutto maschile si esprime meno attraverso il pianto e la ricerca di conforto e più spesso in comportamenti di evasione, di fuga, dal vissuto stesso.
Un’emozione che tutti i genitori hanno in comune è il senso di colpa. Tutti si sentono in colpa. Un padre e una madre vivono il forte senso di responsabilità per la sicurezza e il benessere del figlio. Ogni difficoltà mette in discussione il loro operato. Per ogni difficoltà che il figlio affronta il genitore se ne attribuisce la responsabilità e la colpa: “cosa ho sbagliato?”, dove ho sbagliato?”. Ancora di più se un figlio si perde, qualsiasi sia la ragione della perdita, e il modo o il momento in cui essa avviene.
La perdita di un figlio inverte l’ordine naturale delle cose, devono essere i figli a seppellire i genitori, non viceversa, e se avviene il contrario, a tutte le colpe che un genitore si può attribuire, si aggiunge quella di essere ancora vivo. Quando muore un figlio, una parte dei genitori muore con lui.
Il lutto ha il suo corso. Quello per un figlio lo ha di più. Sentimenti di disorientamento, di vuoto, di incapacità, di ingiustizia, tristezza, rabbia, bisogno di solitudine possono essere molto presenti e accompagnare i genitori per molto tempo e ricomparire di tanto in tanto nel corso del tempo.