La Francia è uno dei paesi all’avanguardia in materia di calcio giovanile, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. C’è l’accademia nazionale INF Clairefontaine, ci sono i centri di pre-formazione (i Pôles Espoirs) sparsi sul territorio e ci sono i vivai dei club, molti dei quali (Lille, Nizza, Lione, Monaco) ristrutturati nel corso degli anni per seguire i dettami dell’Institut National de Football (INF). Un movimento talmente fecondo da permettere a un club di Ligue 2 come il Le Havre di competere con altre accademie più prestigiose nella produzione di talenti di caratura internazionale. Tra le mura del Centre de formation du HAC sono infatti transitati futuri campioni del mondo e alcuni tra i giocatori più pagati nel panorama calcistico mondiale, da Paul Pogba a Riyad Mahrez, da Dimitry Payet a Lassana Diarra, da Steve Mandanda fino ai tre Mendy: Edouard, Benjamin e Ferland. Pepite che hanno portato prestigio al centro di formazione senza però incidere sulle fortune della prima squadra, la cui ultima apparizione in Ligue 1 risale alla stagione 2008-09, chiusa sul fondo della classifica.

A capo del vivaio del Le Havre c’è, dal 2005, Michael Bunel, ex insegnante di inglese in Francia. Bunel è consapevole di come settore giovanile e prima squadra viaggino su binari separati, soprattutto per una società non di primo piano come il Le Havre, che può andare in difficoltà nella gestione di talenti di 16-17 anni perché non può competere né con le infrastrutture di società quali Paris Saint-Germain, né con le proposte contrattuali provenienti dai grandi club. Il pensiero corre subito a Pogba, che lasciò il club a 16 anni per entrare nell’Academy del Manchester United dando vita a un contenzioso tra le due società, poi risolto con un accordo privato di compensazione economica. Secondo Bunel, Pogba fece la scelta giusta, visto il percorso che lo ha portato a diventare campione del mondo. Ovviamente però, a livello sportivo, il Le Havre non ha guadagnato nulla.

Identico discorso per Payet, pescato sull’isola di Réunion (stessa provenienza di un altro nazionale francese prodotto dal le Havre, Vikash Dhorasoo) e formato lungo quattro turbolenti anni, conclusi con il ritorno a casa del giocatore, poi trasferitosi al Nantes. In seguito Payet ha dichiarato che gli anni a Le Havre sono stati fondamentali nel porre le basi della sua carriera. Mahrez per contro ha disputato più di sessanta partite in Normandia, tutte in Ligue 2 e senza nemmeno brillare particolarmente, criticando a più riprese la mentalità troppo difensiva delle squadre cadette francesi. Nel suo caso fu la lungimiranza dello scout del Leicester City Steve Walsh, arrivato a Le Havre per seguire un altro giocatore, a far svoltare la sua carriera.

Mahrez è anche il simbolo della flessibilità di reclutamento del settore giovanile del club. Il criterio principale è la distanza, che non deve essere superiore alle due ore di auto, che per la Normandia significa arrivare al massimo fino a Parigi. In un’intervista al Guardian, Bunel ha sottolineato l’importanza per un adolescente di mantenere un forte legame con la propria famiglia: “Si può essere bravi allenatori, ma non si potranno mai sostituire i genitori. Le due ore di distanza sono un buon compromesso tra calcio, studio e legami famigliari”. Viene però anche presa in considerazione la maturità del ragazzo, e proprio in questa categoria è rientrato Mahrez, cresciuto in un sobborgo a nord di Parigi a circa tre ore d’auto da Le Havre, ma ritenuto maturo e indipendente a sufficienza da poter gestire la distanza e i periodi di lontananza da casa.

Esiste un filo conduttore che collega Clairefontaine al Centre de formation du HAC e alle principali accademie calcistiche del paese: il concetto di calciatori pensanti. Il direttore dell’INF Jean-Claude Lafargue ha raccontato così uno dei più noti calciatori prodotti da Clairefontaine, Kylian Mbappè: “A 12 anni faceva cose straordinarie, ma non era speciale per quello. Anzi, era discontinuo e nemmeno troppo sviluppato a livello fisico. Ma a 15 anni è esploso, diventando un giocatore calcisticamente intelligente. Un calciatore pensante. Questo lo ha reso così speciale”. Bunel usa il termine intelligenza. “Ovviamente per giocare ad alto livello sono necessarie doti tecniche e fisiche, e da queste basi non si può prescindere. Noi lavoriamo molto sullo sviluppo delle capacità mentali: concentrazione, analisi delle situazioni, decisioni. È la parte più difficile, perché si deve lavorare sull’indole del calciatore, sul suo carattere”.

Dal 2015 il Le Havre è di proprietà dell’imprenditore americano David Volpe, che ha fissato proprio nel ritorno nella massima categoria l’obiettivo primario del club. Dovrà però attendere almeno un anno ancora, visto che un recente filotto di sconfitte hanno fatto retrocedere addirittura in terza serie la squadra allenata da Paul Le Guen, ex Lione (tre titoli vinti), Rangers Glasgow e Paris Saint Germain (pre-Qatar), nella zona di centro classifica. Attualmente sono sette i giocatori del vivaio in prima squadra. La società è solida ma non ha le possibilità economiche per competere contro le ambizioni dei giovani talenti e dei loro procuratori. Rimane la bella anomalia di un settore giovanile di livello internazionale appartenente a una società di seconda divisione.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Caso plusvalenze: “operazioni sospette”, ma il prezzo lo fa “il libero mercato”. Il tribunale mette per iscritto quello che tutti già sapevano

next
Articolo Successivo

Stefano Tacconi ricoverato in prognosi riservata: “Colpito da ischemia”

next