I dipendenti, di origine pakistana, lavoravano in uno stabilimento tessile gestito da cinesi a Campi Bisenzio. Avevano richiesto anche il rispetto delle otto ore lavorative, come previsto dal Contratto collettivo nazionale. La risposta è arrivata lapidaria sempre sulla piattaforma di messaggistica istantanea: "Se volete lavorare otto ore, trovate lavoro da un'altra parte". Il sindacato Si Cobas di Campi ha organizzato uno sciopero di fronte all'azienda in favore degli operai
Licenziati in tronco via Whatsapp con un semplice messaggio: “Chi non lavora oggi (pasquetta) è fuori per sempre“. È quanto accaduto a cinque operai pakistani che lavoravano in uno stabilimento tessile gestito da cinesi a Campi Bisenzio (Firenze). Avevano chiesto riposo per il 18 aprile scorso e il rispetto delle otto ore lavorative, come previsto dal Contratto collettivo nazionale. La risposta a questa seconda richiesta è arrivata lapidaria sempre sulla piattaforma di messaggistica istantanea: “Se volete lavorare otto ore, trovate lavoro da un’altra parte“.
In un secondo momento, i titolari hanno postato su WeChat – l’app di messaggistica più usata in Cina – le immagini dei cinque operai che “hanno osato richiedere di lavorare otto ore e le ferie“. Un modo per avvertire e mettere in guardia tutti gli altri imprenditori a cui avrebbero potuto rivolgersi i neo disoccupati.
L’episodio ha suscitato lo sdegno della comunità, tanto che questa mattina il sindacato Si Cobas di Campi ha organizzato uno sciopero di fronte al pronto moda, in via Carcerina, in favore dei ragazzi pakistani. “Dopo anni in cui hanno lavorato 12 ore al giorno, senza un giorno di riposo, niente ferie, niente malattie pagate, niente diritti, il giorno di Pasquetta, festività nazionale, si sono rifiutati di lavorare e il loro padrone li ha licenziati tutti con un messaggio WhatsApp”, hanno raccontato i sindacalisti dei Cobas di Firenze e Prato.
Per il sindacato è “impossibile dire il nome di questa ditta”. “Negli anni diversi nomi e partite Iva hanno nascosto sempre lo stesso padrone – spiega – La vecchia storia del ‘apri, chiudi e riapri‘ per aggirare fisco e diritti”. “Oggi nello stesso stabilimento ci sono lavoratori formalmente dipendenti di ditte diverse: la Feng Shouqing e la Hu Qingong” ma “i contratti sono carta straccia: c’è chi lavora da tre anni con contratto a tempo determinato, part-time a 20 o 30 ore settimanali“.
“Nella realtà le ore settimanali sono 84, pagate 1.000 euro. Che nei mesi di calo lavoro diventano 500 euro (ma a parità di ore), e in quelli di picco 1.300 euro. E i diritti del Contratto collettivo nazionale di lavoro sono sulla carta” sottolinea, concludendo che “non è Bangladesh, è Campi Bisenzio, provincia di Firenze, dove si estende il distretto pratese del tessile e il suo supersfruttamento“.
La manifestazione, a cui si sono unite circa 80 persone, ha visto anche la partecipazione del sindaco di Campi Bisenzio, Emiliano Fossi. “Volevo portare la nostra vicinanza reale – ha spiegato rivolgendosi ai cinque operai – e accompagneremo la rivendicazione dei vostri diritti anche in futuro”. “È inaccettabile ed inumano – ha proseguito – che si licenzi con questo metodo, ma anche per i metodi mafiosi utilizzati davanti ai quali le istituzioni non possono voltarsi dall’altra parte”.
In una nota, Paolo Gandola, consigliere metropolitano di Forza Italia, ha sottolineato che quanto accaduto “mette in luce l’ennesima vicenda di negazione tremenda dei più elementari diritti dei lavoratori. “Chiedo fin da ora – scrive – l’attivazione del tavolo dell’unità di crisi della Città Metropolitana di Firenze affinché la vertenza si incardini subito a livello istituzionale”.