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Guerra Russia-Ucraina, se Putin vuole la Transnistria dovrà prolungare il conflitto. Ma gli costerà molti soldi e vite umane

Che il presidente russo potesse non accontentarsi di sedere al tavolo delle trattative con in mano soltanto il Donbass era già stato ipotizzato. Esperti e analisti si sono interrogati sulla possibilità che le sue mire si allargassero addirittura a tutto il territorio a est del fiume Dnepr, o se addirittura non avesse definitivamente abbandonato l'idea di prendersi Kiev. Anche Odessa è stata a lungo un obiettivo. Ma l'ipotesi di un'avanzata fino alla Transnistria non sembrava essere più un'ipotesi

Fino a dove può e vuole veramente spingersi Vladimir Putin? La risposta a questa domanda porta con sé le informazioni necessarie al blocco Nato-Ue per avere un’idea sulla possibile durata del conflitto e le sue conseguenze anche in termini strategici. Ma se negli ultimi giorni dal Cremlino hanno più volte ripetuto che “l’obiettivo primario rimane il Donbass”, le parole pronunciate dal comandante ad interim del distretto militare centrale russo, Rustam Minnekayev, hanno aperto a un nuovo scenario, fino ad oggi soltanto ipotizzato: un’avanzata russa a sud, lungo tutta la fascia costiera ucraina, per creare un canale di collegamento tra Crimea, Donbass e l’autoproclamata repubblica indipendentista in territorio moldavo della Transnistria.

Che il presidente russo potesse non accontentarsi di sedere al tavolo delle trattative con in mano soltanto l’intero territorio del Donbass era già stato ipotizzato. Esperti e analisti si sono chiesti se le sue mire si allargassero addirittura a tutto il territorio a est del fiume Dnepr, formando così una cortina di ferro in territorio ucraino. O se addirittura non avesse definitivamente abbandonato l’idea di prendersi Kiev, possibilità remota viste le difficoltà incontrate durante l’avanzata nella prima fase del conflitto. Anche Odessa è stata a lungo un obiettivo concreto del Cremlino, come dimostrano i bombardamenti dal mare, prima dell’affondamento dell’incrociatore russo Moskva. Ma l’ipotesi di un’avanzata fino alla Transnistria non sembrava essere più possibile. A cambiare la prospettiva ci ha pensato Minnekayev: “Il controllo sull’Ucraina meridionale è un’altra via d’accesso alla Transnistria, dove pure si evidenziano episodi di discriminazione contro i residenti russofoni“, ha affermato. Affermazioni che hanno il sapore di un debole pretesto, dato che basta varcare uno dei checkpoint di confine tra la Moldavia e la piccola enclave filo-russa al confine con l’Ucraina e puntare dritto verso la capitale Tiraspol per incontrare fin da subito bandiere della Federazione, manifesti giganti con le facce di Vladimir Putin o del ministro degli Esteri russo, Serghej Lavrov, e poi, una volta in centro città, monumenti in cui si esalta la vittoria nella Grande Guerra Patriottica, carri armati sovietici diventati dei veri e propri monumenti e statue di Lenin. Inoltre, nella sottile striscia di terra che corre lungo il confine moldavo-ucraino si trovano numerosi riservisti e mezzi militari sovietici risalenti alla guerra d’indipendenza da Chisinau.

Parole che hanno fatto scattare l’allarme nella capitale moldava, con il governo che ha espresso “profonda preoccupazione” per le parole del comandante, convocando l’ambasciatore russo per colloqui: “Il ministero degli Esteri della Moldavia considera queste dichiarazioni in contrasto con la posizione della Russia a sostegno della sovranità e l’integrità territoriale del nostro Paese entro frontiere riconosciute internazionalmente”, si legge in un comunicato, con le autorità che hanno ricordato lo stato neutrale del Paese.

Un’eventuale avanzata verso l’enclave filorussa significherebbe comunque un prolungamento del conflitto a data da destinarsi. Perché se Mariupol è ormai saldamente nelle mani dell’esercito della Federazione dopo settimane di assedio, per sfondare ancora verso sud è necessario che le truppe di Putin rompano prima la resistenza di Mykolaiv, che nelle ultime settimane è riuscita ad arginare l’avanzata dei tank russi, e poi tentare l’accerchiamento e la presa di Odessa. Più facile a dirsi che a farsi, soprattutto dopo l’affondamento della Moskva, uno spartiacque nella battaglia per la città sul Mar Nero: con quell’azione gli ucraini non solo hanno dimostrato di essere in grado di affondare qualsiasi nave si avvicini alle sue coste, ma hanno colpito e messo fuori uso la nave capace di fare fuoco sulla città impegnando le difese ucraine e permettendo così lo sbarco delle truppe. Così, con un’offensiva condotta solo via terra, l’avanzata russa rischia di trasformarsi in una nuova battaglia di logoramento. Solo dopo aver preso Odessa, poi, i militari della Federazione potrebbero proseguire la loro avanzata fino alla Transnistria, riunendola ai territori controllati in Crimea e Donbass e impedendo di fatto l’accesso al mare a Kiev. Un’operazione che Putin deve calcolare con molta attenzione perché può costare a Mosca molto tempo, molti soldi e molte perdite.

Twitter: @GianniRosini