L’ingegnere Alessandro Riguccini fa il pendolare tra Sansepolcro, in provincia di Arezzo, e Sinaloa in Messico. Per lavoro è un pugile professionista, campione del mondo (WBC Silver) dei pesi welter. Ha 34 anni ed è tornato da pochi giorni in Italia da Guasave, dove ha battuto per ko il messicano Eleazar Valenzuela Carrillo, in un incontro di preparazione in vista di una riunione pugilista più impegnativa, sempre in Messico, perché è lì che il toscano ha costruito la sua carriera ormai decennale di 27 vittorie (23 per ko), zero sconfitte e nessun pareggio. Dopo un’ottima carriera nella kickboxing (campione del mondo Wako Pro sia nei pesi leggeri che nei medi) ha deciso di passare al pugilato nel 2012. “Quando ero professionista nella kick – racconta a ilfattoquotidiano.it – sono stato un paio d’anni a Cuba per perfezionare il mio modo di boxare nella palestra di un due volte campione olimpico. E alla fine ho deciso di passare definitivamente al pugilato”.

Il primo match nel 2012 lo combatte in Italia, vince ma decide di spostarsi in Messico. Il suo futuro è là. “A Cuba non cera il professionismo, nel frattempo avevo imparato bene lo spagnolo e quindi sono andato in un Paese dove la boxe è al secondo posto per importanza dopo il calcio. In Messico ho vissuto per lunghi periodi, anche per tre anni di fila. Ora faccio su e giù, rimango a Sinaloa per le settimane che precedono il match, combatto e sto ancora qualche giorno là a godermi il mare con la mia fidanzata”. In questi giorni Riguccini è nella sua casa di Sansepolcro. Appese al muro ci sono le cinture conquistate in questi anni. Quella di campione del mondo WBC Silver dei pesi welter (che ha già difeso quattro volte), quella di campione del mondo Word Boxing Federation dei pesi leggeri, quella di campione internazionale IBF pesi leggeri e quella di campione WBC Fecarbox superpiuma.

La prima è sicuramente la più prestigiosa perché la sigla è una delle quattro storiche del pugilato mondiale. Il titolo principale è di Errol Spence Jr, in una categoria di peso che vede combattere un altro fenomeno come l’americano Terence Crawford. Arrivare ai livelli di quei due è un’impresa quasi impossibile. “Io voglio diventare campione del mondo a interim, fare dunque un ulteriore passo in avanti. Oppure guardarmi intorno sempre all’interno delle quattro sigle principali, perché la IBO vale molto meno. Un giorno mi piacerebbe ritirarmi da imbattuto. In questi anni sono riuscito a laurearmi in ingegneria, 110 e lode alla triennale e 110 alla specialistica. Non so se rimarrò per sempre nel mondo del pugilato. Ora sto provando ad accedere a un master, di sicuro non voglio fare vita d’ufficio ma piuttosto mi vedo come un imprenditore”.

Una carriera sviluppata completamente in Messico (anche se nel 2019 ha difeso il titolo a Firenze) e il fatto che non abbia mai combattuto per un titolo nazionale o comunque contro un pugile italiano può portare alla sottovalutazione dell’atleta Riguccini. “Non essere valutato nel modo corretto in Italia un po’ mi dispiace, ma diversamente quali benefici ricaverei? Pochissimi, soprattutto a livello economico. Al limite vorrei essere valutato in America. Io in Messico ho battuto nomi importanti come i venezuelani Johan Perez e Juan Ruiz. Anche il messicano Edgar Puerta è uno che ha disputato incontri che gli italiani si sognano”. Riguccini ai giovani che vogliono passare professionisti in questo sport non consiglia di stare in Italia o trasferirsi all’estero. “Quella è una scelta personale. Dico loro però di viaggiare molto, di visitare tante palestre e fare tanti sparring. Di non avere insomma una mentalità provinciale perché il mondo della boxe non si ferma nella palestra in cui sei cresciuto”.

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