Undici “foreign fighters” di nazionalità italiana sarebbero rimasti uccisi sul campo di battaglia in Ucraina in operazioni contro le forze russe. Farebbero parte di un’unità di 60 “mercenari” connazionali schierati con Kiev, con 10 di loro già rientrati in patria. Questo avrebbe comunicato Mosca all’Italia, stando a quanto rende noto oggi il Corriere della Sera, secondo cui il ministero della Difesa russo ha fatto pervenire questa informazione a Palazzo Chigi attraverso canali diplomatici. Nè il governo né la Farnesina, dopo quasi una giornata, hanno confermato o smentito ma il portavoce della difesa Igor Konashenkov ha comunicato l’uccisione di oltre mille “mercenari” stranieri che Kiev ne aveva arruolati 6.824 da 63 Paesi, tra cui l’Italia.
Mosca scatena così una nuova e sinistra arma di pressione contro i governi occidentali che sostengono la causa ucraina: il destino dei soldati stranieri catturati e uccisi. Per esser più espliciti la nota inviata a Palazzo Chigi sosterrebbe che “ai mercenari non si applicano le norme del diritto umanitario internazionale”. Ma qui c’è l’innesco fallace di un’arma che potrebbe esplodere in mano ai russi. Non è affatto scontato, né facilmente sostenibile, che si tratti di “mercenari”. Per il diritto internazionale quei soldati sarebbero semmai “legittimi combattenti” per uno stato straniero e dunque da considerare prigionieri di guerra, con tutti i diritti del caso fino alla resa della salma. La Terza Convenzione di Ginevra e il protocollo aggiuntivo stabiliscono che sta si tratti di soldati qualora il reclutamento sia avvenuto tramite canali ufficiali di uno stato, come ha fatto Kiev tramite quelli diplomatici, e il soldato viene inquadrato, armato e gestito all’interno delle forze regolari.
I mercenari, diversamente, vengono reclutati (e pagati) da organizzazioni private paramilitari e non hanno un rapporto e un inquadramento diretto con il governo ma con l’organizzazione che li ingaggia. Non per nulla esiste la Convenzione Internazionale contro il reclutamento, l’uso, il finanziamento e l’addestramento di mercenari emanata dalle Nazioni Unite nel 1989 e ratificata dall’Italia con la legge n.210/1995 , che pur presentando una definizione più ampia di mercenario, esclude da essa i cittadini e i residenti delle parti in conflitto. Motivo per il quale il reclutamento è avvenuto appunto tramite rappresentanze diplomatiche, le uniche che possono riconoscere un visto di residenza. La questione è complessa ma essenziale. Con effetti sulla gestione dei prigionieri e fino allo scambio delle salme per il quale Mosca dovrebbe contrattare direttamente con Kiev, prima dell’Italia.
Lo stesso vale per i “contractors”, e la conferma arriva da un italiano che lo fa di mestiere. Giampiero Spinelli è stato in Iraq, Libia, America Latina, su incarico degli Stati Uniti e di programmi governativi di organizzazioni internazionali. Durante le prime fasi dell’invasione ha collaborato con altre private company a esfiltrare e e mettere in sicurezza i dipendenti occidentali delle multinazionali che non riuscivano a fuggire. Il tema lo sconosce bene. “Ma quali “mercenari”? Italiani, polacchi, francesi etc che si sono arruolati nella Legione internazionale di Zelensky non possono assolutamente essere definiti così, sono ufficialmente inquadrati in istituzioni di uno dei due paesi in conflitto”.
Spinelli spiega che i classici mercenari sono cosa diversa. “Non vengono reclutati per combattere in uno specifico conflitto armato, solitamente sono dipendenti assunti da una società con un contratto che prevede l’espletamento della propria prestazione laddove gli verrà comandato. Non hanno neppure un legame diretto con il committente governativo che è, invece, facilmente ricollegabile alla società fornitrice tramite il contratto stipulato. Lo stesso Battaglione Azof, a ben vedere, non potrebbe e non può essere inquadro come un manipolo di mercenari, da ché è entrato nei ranghi ufficiali dell’esercito”.
E allora che gioco gioca la Russia. “La mia opinione è che stia tentando di usare malamente uno strumento di pressione sui governi occidentali. Quando dico malamente non mi riferisco solo all’uso corretto delle definizioni e dei diritti fissati dalle leggi internazionali di cui sopra ma anche al fatto che in un conflitto i prigionieri stranieri sono merce di scambio preziosissima, non escludo neppure che Mosca abbia agitato lo spettro delle fucilazioni per entrare in una fase negoziale con una valigia pesante, in pratica un ricatto”.