Se provaste ad infilare uno spillo nel cicaleggio fittissimo di Sally Rooney in Dove sei, mondo bello? (Einaudi) fareste una fatica del diavolo. La condensata discorsività dialogica dei quattro protagonisti (due donne e due uomini sui trent’anni) non ammette mai requie, respiri, distrazioni. Nell’Irlanda contemporanea, Alice, giovane romanziera di successo internazionale, esaurimento nervoso appena messo alle spalle, si rifugia da sola in una grande casa sull’oceano lontana dal caos urbano e filtra con il magazziniere bisex Felix conosciuto su Tinder. Eileen, sua amica del cuore ed ex compagna di università, lavora come redattrice in una rivista letteraria a Dublino e non riesce a srotolare il proprio profondo amore per un ragazzo che conosce fin dall’infanzia, Simon, brillante consulente politico progressista, altrettanto incapace di relazionarsi a lei anche se fanno faville a ltto. In attesa che Alice e Eileen (con Felix e Simon) finalmente si incontrino fisicamente come auspicano da mesi ma mai volendolo del tutto, Dove sei, mondo bello? si costituisce attorno ad un narratore esterno neutro e apparentemente ironico che osserva piccoli ma significativi accadimenti delle due protagoniste, poi ad una forma epistolare via mail in prima persona tra Alice e Eileen dove le amiche prima di descrivere gli accadimenti vissuti si perdono a ragionare sui massimi sistemi. Il terzo libro del prodigio Rooney è un pendolo metodico, filosofico, sentimentale che oscilla tra l’evocazione politica della caducità del vivere occidentale contemporaneo (in un vaniloquio vagamente marxista e molto eco soft), l’insicurezza affettivo sessuale dei quattro protagonisti da generazione tra Y e Z, e un ispirato verismo da dipendenza comunicativa dalle app social. Rooney sembra però promettere un’esplosione di visceralità ma offre comunque una reiterata pattinabile cerebralità; vorrebbe colpire con larghe teorizzazioni nostalgiche, ma c’entra solo singole distruttive definizioni culturali (“il romanzo contemporaneo è irrilevante e il cinema mainstream è un incubo porno family friendly”); ambirebbe maneggiare la magniloquenza del senso collettivo, ma poi si accontenta di infrangere le regoline di coppia e di genere. Sulle duecento pagine poi il romanzo si satura e finisce in stallo a causa della sua stessa intuizione formale (il cicaleggio fittissimo) e l’ultimo capitolo con il lockdown Covid 19 invece di sorprendere sa di rattoppo. Un po’ meglio di Parlarne tra amici, ma dietro al comunque più onesto e meno pretenzioso Persone normali. Voto: 6-.