L'INTERVISTA - Il missionario comboniano, simbolo del mondo pacifista, sarà in Umbria: "La pace non è che stavolta divide e altre volte abbia unito: i popoli hanno tutti il desiderio di pace. Qui il pericolo è di un'esplosione atomica". E invita i presidenti delle Conferenze episcopali di tutta Europa a fare come don Tonino Bello e monsignor Luigi Bettazzi nella guerra nei Balcani
Domenica migliaia di persone sono pronte a scendere in piazza per la pace. La marcia Perugia-Assisi che solitamente si svolge a ottobre è stata organizzata in forma straordinaria per dire no alla guerra in Ucraina. Centinaia di associazioni, parrocchie, scuole, Comuni hanno risposto all’invito lanciato dagli organizzatori. In queste ore stanno arrivando nella città di San Francesco e a Perugia tantissime persone di ogni età. La partenza è fissata per le 9 dai Giardini del Frontone. I presidenti, i sindaci, gli assessori, i consiglieri devono arrivare, con i gonfaloni, entro le 8 a Perugia con la fascia tricolore.
Una manifestazione che non vuole essere divisiva: “Siamo solidali con gli ucraini e con tutte le vittime di tutte le guerre dimenticate che continuano a insanguinare il mondo. Con i russi che si oppongono alla guerra, con chi è costretto a farla e con le vittime della persecuzione anti-russa. Con tutti i bambini e le bambine, le donne e gli uomini di ogni età che pagheranno le dure conseguenze della guerra, in Italia e nel resto del mondo. Chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, ‘ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali’” sottolinea chi ha promosso la manifestazione.
Ci sarà anche padre Alex Zanotelli, 83 anni, missionario comboniano, già direttore di Nigrizia e oggi al lavoro nel quartiere Sanità di Napoli, dopo aver trascorso dodici anni anni nella più grande baraccopoli del Kenya, Korogocho.
Padre Zanotelli, siamo di fronte ad una marcia della pace impegnativa. Qualcuno taccia i pacifisti di filoputinismo. Perché la richiesta di pace ha diviso stavolta?
La marcia Perugia-Assisi non può essere accusata di filoputinismo. Sono oscene queste parole. Quello che noi chiediamo è una sola cosa: fermatevi! La pace non è che stavolta divide e altre volte abbia unito. I popoli hanno tutti il desiderio di pace. Il problema è che oggi non si ragiona abbastanza di questo conflitto. Siamo davanti a due potenze nucleari: Russia e Nato che si affrontano in questa guerra. Il pericolo è quello di un’esplosione atomica. Stiamo giocando con la vita. Come dice papa Francesco in Fratelli tutti oggi con le armi nucleari e chimiche non ci può essere una guerra giusta.
Questa marcia ricorda tanto l’impegno di don Tonino Bello per la pace. Qualcuno sostiene che il Papa dovrebbe andare a Kiev. Cosa ne pensa?
Non è vero. Don Tonino Bello ha fatto altro: durante l’assurda guerra in Jugoslavia, con i Beati costruttori di pace e il vescovo Luigi Bettazzi è entrato a Sarajevo sotto le bombe. Ha rischiato molto, era persino già ammalato. Ricordiamoci che il Papa è capo di Stato e ha un grande problema con il patriarca Kirill che è di tutt’altra opinione di Francesco. C’è il rischio, se Bergoglio andasse nella capitale ucraina, di rompere di nuovo con l’ortodossia. Saremmo davanti ad un’altra tragedia.
La Chiesa sta facendo abbastanza per trovare una via di risoluzione?
E’ dall’inizio della guerra che chiedo che la Chiesa globale ma soprattutto d’Europa abbia il coraggio di don Tonino Bello. Ho fatto appello affinché i presidenti delle Conferenze episcopali andassero a Kiev anche sotto le bombe, entrassero nella chiesa di Santa Sofia restando lì finché Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky non si fossero incontrati allo stesso tavolo per trovare una soluzione.
Abbiamo visto in questi giorni le polemiche sull’ Anpi e sul manifesto che hanno preparato per celebrare il 25 aprile.
Mi meraviglio molto di questo atteggiamento. L’Anpi segue quello che il Papa ha continuato a dire: fermatevi. Con la guerra non si ottiene nulla. Inviando armi in Ucraina non si fa altro che rischiare un’escalation fino ad arrivare ad un’esplosione atomica. Gli americani e gli inglesi purtroppo hanno investito parecchio in armi: questo conflitto andrà avanti, ce la ritroveremo in Europa per lungo tempo. Rischiamo di arrivare di nuovo alla cortina di ferro e alla vittoria dei produttori d’armi.