di Luigi Sala
Di questi tempi sta prendendo piede il pacifismo, parola molto bella ed amata dalle persone più sensibili e, spesso, anche più istruite.Peccato che per tanti esso non sia che un tranquillante della coscienza, un rimedio all’ansia da guerra mondiale che si è diffusa in ogni classe (di meno tra i fabbricanti di armi certamente). Di fatto, oggi il pacifismo risulta una fuga dalla realtà, condita da una sorta di antiamericanismo viscerale di maniera (gli americani non hanno fatto molto di certo per risultare simpatici) che tenta di influire sulle scelte governative.
In circa 4000 anni di storia variamente documentata, la pace non è stata che un breve intervallo tra una guerra e l’altra, in tutto il mondo. Nessuno può amare la guerra eccetto quelli che ne traggono vantaggio o quelle personalità borderline che non hanno mai avuto modo di incanalare altrimenti la propria aggressività o il proprio disagio psichico.
D’altra parte esistono vari tipi di pacifisti: ci sono quelli che ammettono guerre difensive e quelli invece per cui la pace non può che essere senza se e senza ma. I primi cristiani preferirono farsi sbranare dai leoni piuttosto che abiurare, quanti sono i pacifisti con una disponibilità infinita di guance da porgere e pronti a morire pur di non imbracciare le armi?
Nel mondo animale non esiste il pacifismo ma conflitti ritualizzati e ciò per evitare uccisioni intraspecifiche (vedasi gli ottimi lavori dell’etologo K. Lorenz). Tra gli esseri umani è invece diffuso l’odio e la facilità di infliggere sofferenze fisiche agli avversari e perfino goderne anche se ciò ha un prezzo psicologico non indifferente (infatti i reduci di guerra ma si adattano al rientro nelle società di appartenenza).
Il pacifismo, a mio parere, apre le porte a ciò che non vorrebbe far entrare: la regola che il più forte vince sempre e ovunque e che di conseguenza ogni nefandezza è tacitamente ammessa. Il pacifismo non elimina il conflitto ma lo incoraggia e talvolta lo fa in nome delle proprie meschine convenienze, avallando l’egoismo, la prepotenza, la crudeltà. Se non si è Gandhi full time, disposti quindi a pagare di persona e in contanti per le proprie idee, è meglio non parlare di pacifismo, a meno che il romanticismo personale spinga a non misurarsi col principio di realtà.
L’utopia è bella senza dubbio ma non consente lo sviluppo di una vita in cui le frustrazioni trovano adeguata accettazione e conseguenti soddisfazioni. Il problema è il conflitto e come gestirlo e io penso che sia su questa strada che sia necessario studiare e indagare per trovare soluzioni che permettano la sopravvivenza della specie. Il problema è dentro di noi non all’esterno, e lì va posto il focus: come incanalare la nostra aggressività animale e maneggiarla senza farci del male. Il “ conosci te stesso”dovrebbe essere veramente applicato e tenuto in gran conto.