Sintonia sull’Ucraina e sul nodo delle armi, così come su temi come salario minimo, lavoro ed energia, come sul percorso politico da condividere nel campo progressista. Standing ovation all’arrivo e applausi per Giuseppe Conte, presidente del M5s, presente all’Auditorium Antonianum nel giorno conclusivo del congresso di Articolo Uno a Roma. “Il nostro orizzonte è progressista, c’è una strada per esserlo insieme. Voglio darvi atto della grande lealtà dimostrata durante il Conte 2 all’azione di governo. Quella strada l’abbiamo fatta insieme e credo che quella storia non sia finita”, ha rivendicato Conte, tra gli applausi di dirigenti come Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza, così come dei delegati.
Dopo le polemiche con una parte del Pd che ha contestato la scelta di non dare indicazioni di voto tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen e la replica del leader pentastellato di voler “speculare e fraintendere” le sue parole, Conte è tornato ad attaccare: “Non possiamo lasciare ai partiti di destra, e in particolare a quelli di matrice xenofoba come il partito lepenista, la risposta ai drammatici problemi economici e sociali. Vergognoso il tentativo di attribuire al M5S una simpatia lepenista quando ci siamo detti molto distanti”. Parole che hanno raccolto il plauso dello stesso Speranza, confermato segretario di Articolo Uno: “Ho letto articoli su ‘Conte filo putiniano’. Ma qui ha detto cose chiarissime che ci aiutano a costruire questo campo che vogliamo tenere insieme, che è l’unica alternativa alla destra”, ha sottolineato il leader degli ex dem, ora pronti dopo diversi anni a ricostruire una casa comune con lo stesso Pd.
Ma la sintonia tra Conte e Articolo Uno si conferma anche sul tema dell’Ucraina e sul tema spinoso dell’invio di armi. “Se riconosciamo che ci sono tutti gli estremi del diritto all’autotutela, come è scritto nella Carta delle Nazioni unite, alla legittima difesa, dobbiamo essere conseguenti e offrire mezzi, in una situazione di palese asimmetria, a chi sta esercitando il diritto alla legittima difesa. Non abbiamo voltato le spalle, abbiano guardato in faccia la realtà anche se non è stato facile”, ha precisato Conte. Ma proseguendo: “Non siamo disponibili ad un’escalation militare, l’unica escalation che vogliamo è l’escalation diplomatica. L’Italia e gli altri Paesi dell’Unione europea non possono rassegnarsi ed assuefarsi a devastazioni e carneficine nel cuore dell’Europa protratte per non sappiamo quanto tempo, né possono pensare di evitare questo scenario impegnandosi in una forsennata corsa al riarmo o pensando via via di fornire armamenti sempre più pesanti, sempre più offensivi”, ha avvertito Conte.
Un tema, quello del possibile invio di armi pesanti, che rischia di aprire nuove crepe nella maggioranza del governo Draghi, in vista di un terzo decreto di invio di armamenti a Kiev, per difendersi dall’aggressione della Russia di Vladimir Putin. Il motivo? Secondo le prime indiscrezioni, questa volta, da Roma potrebbero essere spediti in direzione ucraina non soltanto mortai e mitragliatrici, ma anche obici, cannoni e carri cingolati. Una prospettiva che, avverte pure Bersani, rischia di non aiutare nella de-escalation: “Non mi pare che alzare la gamma degli armamenti permetta una de-escalation”, ha chiarito. E pure Speranza: “Doveroso aiutare l’Ucraina, però significa creare le condizioni per fare la pace, non per fare più guerra. Dobbiamo insistere sulla diplomazia”.
Articolo Precedente

Elezioni Francia, politologo Lazar: “Macron? Forse vincerà ma il Paese sarà molto diviso, con un odio trasversale nei suoi confronti”

next
Articolo Successivo

Articolo Uno-Pd, prove di intesa. Bersani: “Serve novità politica, non ammucchiate”. Speranza: “C’è terreno comune, unirsi per cambiare”

next