La sentenza del 20 aprile riconosce al fattorino, che aveva fatto causa con la Uiltucs, che la prestazione lavorativa non era autonoma ma "completamente organizzata dall'esterno con un’incidenza diretta sulle modalità di esecuzione, sui tempi e sui luoghi". L'accesso alle fasce orarie di lavoro "non era libero, ma era condizionato dal punteggio del rider, secondo gli indici di prenotazione”
Il Tribunale di Milano ha dato ragione a un rider di Deliveroo Italia riconoscendo che tra lui e la piattaforma di food delivery esiste un rapporto di lavoro subordinato. Il fattorino ha dunque diritto, in base alla sentenza emessa il 20 aprile dal giudice Franco Caroleo, all’inquadramento al 6° livello del contratto collettivo nazionale di lavoro commercio, che prevede una retribuzione lorda di 1.407,94 euro. Circa 400 euro in più rispetto a quanto percepito nel periodo preso in esame.
Nel 2018 il rider aveva stipulato con Deliveroo Italia un ‘contratto di lavoro autonomo‘. Ma l’autonomia di cui godeva, come sempre avviene nel settore, era ben poca. Assistito dai legali dello studio Paganuzzi per conto della Uiltucs, Unione italiana dei lavoratori di turismo, commercio e servizi che si occupa dei lavoratori della Gig economy, ha presentato ricorso con il quale chiedeva l’accertamento della natura subordinata del rapporto lavorativo: un lavoro subordinato, full time, per il quale il fattorino aveva diritto anche al riconoscimento di differenze retributive. Il tribunale gli ha dato ragione e nella sentenza si legge che “dalle risultanze probatorie è possibile inferire che l’attore, quale rider di Deliveroo Italia, lavori all’interno e per le finalità di un’organizzazione della società titolare della piattaforma, sulla quale non può esercitare alcuna influenza, senza avervi interesse e senza assumere alcun rischio d’impresa”.
La sua prestazione lavorativa era “completamente organizzata dall’esterno con un’incidenza diretta sulle modalità di esecuzione, sui tempi e sui luoghi”. In altri termini, “l’accesso alle fasce orarie di prenotazione non era libero, ma era condizionato dal punteggio posseduto dal rider, secondo gli indici di prenotazione”. Oltretutto, il dipendente di Deliveroo Italia veniva “penalizzato con decurtazione del punteggio per il ritardo“. Il rider doveva insomma sottostare all’organizzazione del lavoro decisa da un algoritmo, che elaborava un sistema di ranking per i fattorini. Per poter lavorare – e dunque guadagnare – i dipendenti dovevano prenotare i turni messi a disposizione da Deliveroo con un anticipo di due settimane. Ma accedere alla prenotazione non era semplice, anzi: solo i rider che rispettavano determinate condizioni indicate da Deliveroo potevano prenotare subito le fasce orarie migliori.
Bisognava avere un alto indice di affidabilità ed essere attivi durante le sessioni con maggiori richieste (fascia 20-22 di venerdì, sabato e domenica). Tutte queste informazioni hanno indotto il giudice a rilevare la etero-direzione da parte del datore di lavoro. Per altro Caroleo ha aggiunto che “far dipendere la scelta dei turni orari da un sistema di punteggio nega di per sé che possa parlarsi di libertà“.
Brunetto Boco, segretario generale Uiltucs nazionale, ha espresso soddisfazione: “Siamo pronti – afferma – a fare il passo successivo: lavorare per dotare la categoria di un proprio contratto affinché i lavoratori abbiano gli strumenti normativi e legislativi adeguati per tutelarsi nel modo più appropriato e lavorare in sicurezza”. L’uso di un algoritmo nella prestazione lavorativa “non può essere un alibi per eludere gli elementi di subordinazione impliciti in questo rapporto di lavoro”, aggiunge Michele Tamburrelli, segretario generale UILTuCS Lombardia. “L’applicazione del contratto collettivo del terziario, al rapporto di lavoro, fa ben sperare sulla possibilità di tutelare e rappresentare ulteriormente i lavoratori di questo settore”.
Per Mario Grasso, che segue queste vicende per la Uiltucs, con la sentenza del 20 aprile “abbiamo uno strumento in più, una sentenza che riconosce quello che da tempo affermiamo: questo è un lavoro subordinato, i rider hanno diritti e devono avere le tutele che spettano loro”.”Ci auguriamo – prosegue – che la linea coerente del riconoscimento dell’applicazione del Ccnl Terziario sia seguita anche da altre piattaforme e realtà”. “Noi ci batteremo sempre – conclude – affinché i diritti, come in questo caso, vengano affermati”.