Dopo le tensioni delle scorse settimane sull’invio di armi (con lista secretata) all’Ucraina e gli scontri sull’incremento al due per cento del Pil delle spese militari, la maggioranza rischia di dividersi sull’ipotesi di un terzo decreto di invio di armi a Kiev, per difendersi dall’aggressione della Russia di Vladimir Putin. Il motivo? Secondo le prime indiscrezioni, questa volta, da Roma potrebbero essere spedite in direzione ucraina anche armi pesanti. Non soltanto mortai e mitragliatrici, ma anche obici, cannoni e carri, mezzi risalenti agli anni 1970-80. Uno scenario di fronte al quale non mancherebbe la contrarietà dal fronte M5s, così come dalla sinistra Pd e non solo.
Al momento, è lo stesso Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, a tagliare corto a margine del Congresso di Articolo Uno, in corso a Roma: “Tutto il dibattito che in questo momento c’è riguarda ovviamente l’impegno che il Parlamento, nei limiti della risoluzione che ha approvato, ci ha dato circa un mese fa”, ha spiegato. Tutto mentre allo stesso tempo l’esponente pentastellato è tornato a rivendicare la necessità di riprendere la via diplomatica: “La strada della pace è stretta, in salita, ma è l’unica da percorrere. Dobbiamo armarci di diplomazia e ravvivare un negoziato che, al momento, sta subendo un brusco rallentamento. Noi come Italia abbiamo il dovere sia nell’Ue, che nella Nato, che all’interno delle Nazioni Unite e nei rapporti bilaterali di far riprendere il negoziato e arrivare a una soluzione diplomatica”.
Parole alle quali si accoda anche il ministro del Lavoro ed esponente Pd, Andrea Orlando: “Giusto inviare nuove armi, anche pesanti a Kiev? A me interessa cosa fa l’Europa. Non può limitarsi semplicemente a dare un supporto militare, deve riprendere l’iniziativa diplomatica. Deve chiedere a quella metà del mondo che si è astenuta all’Onu di fare dei passi, perché altrimenti la guerra rischia di cronicizzarsi”.
Chi resta contrario all’invio di armi resta Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana: “Credo sia un errore drammatico continuare a inviare armi, contribuisce all’escalation di una guerra che diventa sempre più terribile. E mentre si mandano armi, gli stessi Paesi cancellano la parola diplomazia. Serve anche usare meglio le sanzioni, a partire dal gas. Perché su questo si registra questa lentezza, mentre sulle armi è tutto facile?”, attacca. E pure Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, che già poco dopo l’invasione russa si era schierato contro l’invio di armi, precisa: “Son già passati 60 giorni e non siamo comunque in presenza del blocco della guerra, ma di fronte al rischio di una escalation. Bisogna mettere in campo in modo più forte un’azione di negoziato che costringa Putin a trattare e a fermare la guerra”.